Sugli spalti del Suzanne-Lenglen c’era anche Adriano Panatta ad assistere al match tra Sinner e Lehecka. Terminato il match, il campione di Parigi nel 1976 racconta un aneddoto sulla sfida tra Borg e Barazzutti

Foto di Ray Giubilo

«Se volevamo fare in fretta per la partita, be’ per quello io sono contento», dice l’interista Simone Vagnozzi nei corridoi del Lenglen appena dopo la demolizione di Lehecka. «Oggi tutto bene, Jannik sta bene. Se voleva dargli 6-0? Ma Jannik vuole sempre vincere così», racconta Marco Panichi. Dalla tribuna del Lenglen si vedeva fra l’altro benissimo la nuova posizione, leggermente obliqua, con cui Jannik ora aspetta il servizio. «E’ da Roma che è cambiata, serve per attivarsi meglio con lo split step», è la spiegazione.
A vedere il match c’era anche Adriano Panatta, in compagnia dell’ex presidente dell’Itf Francesco Ricci Bitti. «Sinner? Impressionante e imbarazzante. Non c’è altro da dire». Imbarazzante per gli avversari, ovviamente. La domanda ora è: chi può fermarlo? «Mah, forse Alcaraz», abbozza Adriano. «Certo Lehecka per lui è un avversario ideale, lo mette in palla. Serve qualcuno che faccia qualcosa di diverso…». Magari Draper? «Ecco, può darsi». Poi la mente ritorna al famoso 6-0 6-1 6-0 rifilato qui al Roland Garros da Borg a Barazzutti nelle semifinali 1978, quando Corrado nello stringere la mano all’Orso lo ringraziò «per avermi fatto fare un game».
Panatta ricorda: «Io avevo perso in quarti, e il giorno prima andai da Bjorn e gli dissi: ‘domani giochi contro Barazzutti’. E lui: ‘è un giocatore forte’. ‘Certo – gli dissi – specie sulla terra battuta. E sai che cosa mi ha detto? Che domani ti prende a calci nel sedere..’. Bjorn mi guardò perplesso. «Ah, sì, ha detto così? Vedremo…».