di Cristian SonzogniPer analizzare la prestazione cha ha sfornato ieri Simone Bolelli, capace di rifilare un periodico 6-2 sul centrale di Monte-Carlo all’argentino Chela, possiamo permetterci di scomodare paragoni importanti
di Cristian Sonzogni

Per analizzare la prestazione cha ha sfornato ieri Simone Bolelli, capace di rifilare un periodico 6-2 sul centrale di Monte-Carlo all’argentino Chela, possiamo permetterci di scomodare paragoni importanti. Era da tanto, tanto, tanto tempo che non vedevamo un tennista italiano così completo, in grado di dominare Karlovic sul veloce in Davis (per giunta fuori casa) e poi di approdare sulla terra del Principato, qualificarsi e prendere a pallate un elemento solido come il sudamericano. Non sarà stata una delle giornate migliori, per Chela, ma il bolognese ha condotto il match a proprio piacimento dall’inizio alla fine mettendo in mostra buona parte del suo repertorio, quello che già si era evidenziato con Recouderc nell’ultimo turno di ‘quali’. Dicevamo che bisogna scomodare paragoni importanti: quando Simone lascia andare il diritto anomalo viene in mente un altro bolognese, Omar Camporese, capace di inerpicarsi fino al numero 18 del mondo a inizio Anni Novanta. Ma rispetto a Omar Simone, in teoria, ha qualcosa in più. Maggiore sensibilità, miglior rendimento col rovescio e una palla corta che sta diventando un’arma importante. Perde qualcosa, nel confronto, su servizio e diritto, ma in compenso ‘Bole’ sta mostrando enormi progressi in un altro settore determinante, quello atletico. Il lavoro con Carletto Ragalzi sta dando frutti quasi insperati fino a pochi mesi fa. Adesso l’emiliano è estremamente più reattivo e anche la risposta ne guadagna. Lo si è visto molto sul rapido in Croazia, ma pure qui è abbastanza evidente. “Sono contento – spiega Simone a fine match – perché ho giocato un incontro solido, senza sbavature. C’è stato un momento in cui lui stava crescendo, a metà secondo set, ma io sono stato bravo a tenergli la testa sott’acqua. Sul 3-1 per me ho annullato una pericolosa palla del controbreak con un ace di seconda, e quello forse è stato il punto che ha demoralizzato il mio avversario, che gli ha fatto capire che proprio stavolta non ce n’era. Mi piace giocare ovunque, cemento, veloce, terra. Forse il mio campo ideale è il sintetico indoor, ma sul rosso credo di avere più margini di miglioramento”. Chapeau, dicono da queste parti. Ora c’è Davydenko, che non si sa bene in che condizioni sia dopo il ritiro in finale a Estoril. Ma Simone era già andato vicino a batterlo a Miami, dunque sperare si può, si deve.

Con questa prestazione magistrale passa un po’ in secondo piano un’altra vittoria azzurra, quella di Andreas Seppi, che ha regolato Calleri in due set col punteggio di 6-4, 6-3. Una partita non bella, ma solida da parte del nostro, che sapeva benissimo i rischi cui andava incontro. Spesso quando si gioca con Calleri, nel bene e nel male, è lui che decide le sorti della sfida. Nell’occasione però l’altoatesino è stato molto attento a giocare i punti importanti, stoppando un tentativo di rimonta finale del sudamericano. Ora per Andreas altro match giocabile con Sam Querrey, lo spilungone yankee che ha fatto fuori un Moya non particolarmente centrato. Si può fare insomma, e in quel settore presidiato da Gasquet non c’è nessuno fuori portata.
Infine, tocca riportare anche la brutta prova di Filippo Volandri, ko con Murray per 6-4 6-1. Il livornese è rimasto in partita fino al 4-5 del parziale d’apertura, quando ha perso il servizio (“L’ho cambiato tanto – dice Filo – e va meglio, ma non ancora bene). Poi ha lottato qualche game ma di fatto non è stato più competitivo. Preoccupante, perché il britannico è in forma ma sul rosso dovrebbe essere un cliente gestibile.

A LEZIONE DI TERRA, DAL SENOR CORRETJA
A proposito della promessa inglese, abbiamo avuto l’opportunità di intavolare una piacevole chiacchierata con quello che è diventato da poco il suo ‘mentore’ per il rosso, ovvero lo spagnolo Alex Corretja, tanto corretto in campo quanto signore fuori. Chiacchierata che ha assunto piano piano i contorni di una sorta di ‘lezione di terra’ da parte dell’ex finalista di Parigi. “Oggi il tennis – racconta Alex – sta toccando punti di equilibrio tale, soprattutto sul lento, che basta pochissimo per fare la differenza. Dunque quando mi viene chiesto delle potenzialità di Murray qui sopra dico… beh dipende da lui! Dipende da quanto ha voglia di soffrire. Sa fare un po’ di tutto, è solido da fondo ma può anche prendersi il punto avanti, e questa dev’essere un’arma in più, non motivo di confusione. Quando voglio spiegare a qualcuno cosa intendo per ‘soffrire’, prendo Rafa come esempio. A Nadal non interessa se colpisce bene o male, se la sua palla rimbalza nell’ultimo metro di campo o appena di là dalla rete. Non ha mai, e sottolineo mai, un momento di scoramento. E’ inutile che si resti a ‘guardare’ come si è colpito, è solo una perdita di tempo che poi si paga. Colpisci male? Non fa nulla, continua a correre, continua a lottare e vedrai che la partita si metterà bene. Io mi permetto di dire queste cose, non perché sono presuntuoso ma… vedi questi capelli bianchi? Ci sarà un motivo per cui sono sulla mia testa no? E ti assicuro che non è colpa di mia moglie!”.
Se gli inglesi abbozzano un mezzo sorriso, non hanno molto di che stare allegri i francesi, che hanno visto uscire all’esordio Llodra, Mathieu, Santoro, Mahut, Grosjean, Gicquel, Simon e il monegasco acquisito Lisnard. Ha vinto solo Monfils, che si aggiunge a Gasquet in un secondo turno davvero povero per i padroni di casa.