La Svezia, allo stato attuale delle cose, è il paese che concede più libertà. Nonostante siano state imposte misure restrittive - come fatto da altri paesi, tra l’altro con un protocollo simile al noto decalogo FIT - si stanno svolgendo già competizioni juniores a livello locale/regionale. Ancora bloccati i tornei senior e le manifestazioni giovanili di carattere nazionale. In Finlandia riaprono le prime strutture, ma è vietata l’attività indoor; limitazione non prevista da Norvegia e Danimarca che impongono comunque forti restrizioni sull’attività dei club.
In Lettonia e Lituania il limite di persone in campo è fissato a due, vietati dunque i tanto discussi doppi. Stessa regola in Slovenia, con l’obbligo aggiuntivo per i club di tenere chiuse tutte le strutture connesse. In Estonia ed Ungheria chiusi i circoli di proprietà statale, riapertura solo le strutture private a fronte di misure scrupolose. Niente di particolare in Repubblica Ceca e Slovacchia dove i rigori riguardano la generale convivenza negli spazi comuni e la chiusura di spogliatoi, bar e palestre.
In Israele possono allenarsi tutti i tennisti di età maggiore ai 18 anni, dal 28 aprile il via libera è stato esteso a tutti gli agonisti tesserati in Federazione. Anacronistico anche l’atteggiamento della Bielorussia, il presidente Alexander Lukashenko - come noto - ha preso una posizione controcorrente sulla questione coronavirus, ritenendo il fenomeno sovraesposto e gonfiato dai media. In Bielorussia sono aperti quasi tutti i club e della situazione risentono solo le competizioni, ferme fino al 1° giugno.