In una lunga intervista a Boris Becker, oggi voce di Eurosport, il campione tedesco ci parla di Sinner, delle ambizioni di Djokovic e di tanto altro

Boris Becker, ex n.1 del mondo, tre volte vincitore a Wimbledon, oggi è un apprezzato e competente ‘voce’ per il tennis di Eurosport.

Boris, contro Zverev abbiamo assistito all’ultima partita di Nadal al Roland Garros? Rafa non ha chiuso la porta.

«Ho qualche dubbio. Credo che giocherà le Olimpiadi, ma non penso il Roland Garros nel 2025. Ma anche un grandissimo rispetto per quello che ha ottenuto durante la sua carriera. Se venti anni fa qualcuno mi avesse detto che un tipo di Maiorca avrebbe vinto 14 volte il Roland Garros, avrei risposto che non capiva nulla di tennis. Ma Rafa ci è riuscito».

Ora il favorito è Zverev?

«Due anni fa era n. 2 del mondo e proprio in semifinale contro Nadal, prima di rompersi la caviglia, stava giocando benissimo. Non parlerei di vendetta, ma ha la chance di riprendere quella strada interrotta».

Il n. 2 oggi è Sinner, che ha esordito vincendo facilmente i primi due turni: può conquistare il suo secondo Slam a Parigi?

«La buona notizia è che sta abbastanza bene per giocare, dopo il problema all’anca. La terra non è la sua miglior superficie, non ci ha ancora vinto un grande torneo come sul cemento e al coperto, e l’anno scorso qui a Parigi ha perso al secondo turno da Altmaier. Sul rosso, al meglio dei cinque set, non ci sono scorciatoie, non puoi affidarti solo al servizio, devi essere al massimo fisicamente. Jannik però è giovane e intelligente, circondato da gente intelligente: se non ci credesse, non sarebbe a Parigi».

Dove ha l’occasione di diventare numero 1 scavalcando Djokovic. Che emozioni si provano arrivando lassù?

«E’ un momento molto emozionante. L’Everest del tennis. Non si tratta di fare bene in un paio di tornei, ma di essere il migliore per dodici mesi. Per me vale più che vincere a Parigi o a Wimbledon, perché non basta azzeccare due settimane. Ricordo che la notte prima faticai a dormire, ero il n.2 e in finale il giorno dopo mi aspettava Lendl, che era il n.1. Ti prende i nervi, ma ne vale la pena».

Il 2024 sarà davvero l’ultimo anno per Djokovic e Nadal?

«Sono ancora in circolazione, e non era scontato. Il Tempo non aspetta nessuno. Quindi teniamoceli stretti, perché un match fra di loro e Sinner o Alcaraz è il meglio che il tennis possa offrire».

Rafa ha perso, Djokovic non è al meglio…

«Credo che la sconfitta contro Sinner in Australia abbia un po’ svuotato Nole. Quest’anno non è mai stato il vero Djokovic, ma certo non ha disimparato a giocare a tennis. Per lui ormai contano solo gli Slam, e usa gli altri tornei per trovare la forma. A Parigi ha vinto l’anno scorso, tornare su quei campi gli farà bene. Credo che vedremo un Djokovic diverso nei prossimi giorni». 

Ti ha sorpreso, da suo ex consigliere tecnico, il cambio radicale di team che Djokovic ha voluto a stagione già iniziata?

«Mi ha molto sorpreso il divorzio con Ivanisevic, soprattutto perché è accaduto in marzo. Può capitare che ci si divida, ma di solito capita a novembre o dicembre, quando c’è più tempo per cercare un nuovo coach. Al suo posto non ha voluto grandi nomi. E questo mi  sorprende,  perché persino Novak ha bisogno di qualche parola saggia in certi momenti, specie negli Slam». 

Nenad Zimonjic è l’uomo giusto?

«E’ un amico e sa tanto di tennis. Gli auguro tutto il bene. Ma Nole era abituato ad avere a fianco campioni che avevano vinto degli Slam, come Goran, o me. E’ un momento molto particolare nella sua carriera».

Che cosa lo spinge a continuare ancora, dopo aver vinto tutto?

«La sua vera motivazione è vincere più Slam possibile. Rafa è stato il suo più grande avversario, più grande anche di Federer, ma non è la rivalità con lui che lo spinge: nel 2024 Rafa non ha giocato e Nole ha vinto tre Slam ed è arrivato in finale nell’altro… Nole vuole i grandi tornei». 

Sono passati quarant’anni esatti dalla famosa vittoria di Lendl contro McEnroe a Parigi, un anno prima che trionfassi per la prima volta a Wimbledon…

«Ivan è stato il mio avversario più duro, quando sono apparso nel circuito. Abbiamo giocato tante finali uno contro l’altro. Nel 1984, mentre lui giocava la finale di singolare al Roland Garros contro John McEnroe, io ero lì accanto, impegnato in quella juniores di doppio contro Patrick McEnroe. Per tutto il tempo abbiamo ascoltato i rumori della folla, cercando di capire lo score da come urlava la gente, Mac era avanti 2-0, poi Ivan ha rimontato: e io ho vinto il doppio.… Lendl è una leggenda, è stato il primo tennista davvero professionale sotto tutti gli aspetti, il primo anche a parlare dell’alimentazione. Djokovic ha portato il discorso su altri livelli, ma Ivan già girava con l’incordatore personale, aveva un nutrizionista, un mental coach».

Se tu giocassi oggi, chi sarebbe il tuo avversario ideale in finale?

«Purtroppo al Roland Garros non sono mai arrivato in finale, al massimo due volte in semi. Di sicuro non avrei mai voluto affrontare Nadal, perché contro di lui perdevano tutti. Però chi è stato n.1 vuole affrontare i più forti, quindi la scelta è ampia…».

Risposta diplomatica. Griga Dimitrov è un giocatore molto spettacolare che sta vivendo una grande stagione: che cosa ne pensi?

«Mi piace perché ha tutti i colpi, ed è un tennista ‘old style’. La terra non è il suo forte, è più battibile che sul cemento, ma se arriva alla seconda settimana può fare grandi cose, perché sta bene».

Ad un ragazzino di 17 anni che si avvicina al tennis professionistico che consigli daresti?

«Di divertirsi. Io a 17, 18 anni mi sono divertito parecchio, anche se già vincevo, e poi ho avuto una grande carriera. Vorrei tanto avere di nuovo il fisico di un diciassettenne, ma con la testa di oggi…».

Il lato mentale è il più importante?

«Il tennis è un gioco mentale. Certo: devi essere in forma, e diritto e servizio devono funzionare, ma alla fine ad alto livello vinci perché la tua testa è più forte di quella degli altri. Perché giochi in maniera più intelligente. In allenamento tutti sono forti, ma in gara conta la testa, e più vai avanti con l’età, più è importante. Dai 28, 29 anni in poi sai che cosa devi fare in campo, ed è per questo che oggi si vince tanto dopo i 30 anni».

Chi vincerà più Slam fra Sinner e Alcaraz?

«Odio questa domanda. Non posso dire se ne vinceranno 10 o 15 Slam, molto dipenderà dagli infortuni, che sono il vero problema del tennis di oggi. Ai miei tempi giocavamo di più, ma non ci infortunavamo tanto. Bisogna trovare la soluzione».