IL CASO – Il Centro Tecnico USTA è oggetto di forti critiche per un regime troppo severo. Hanno anche subito una querela da una ragazza che ha praticamente smesso.
Stefan Kozlov è la principale promessa del tennis maschile americano
Di Riccardo Bisti – 1 dicembre 2013
Per anni, la federtennis americana ha assistito passivamente all’evolversi del tennis a stelle e strisce. Il dominio yankee non giustificava chissà quale investimento. Nel 2008, all’avvio di una crisi che negli anni a venire sarebbe diventata una voragine, ha deciso di rimboccarsi le maniche. E’ nata un’Accademia per la formazione a tempo pieno dei top junior. Le migliori promesse sono state invitate a Boca Raton. Tennis, studio e alloggio. Tutto pagato dalla USTA allo scopo di battere la concorrenza europea. Sono passati cinque anni, ma il presente e il futuro del tennis americano sono ancora in bilico. In campo maschile non hanno più top-10, mentre i talenti al femminile devono ancora sfondare ad altissimi livelli, nella speranza che almeno Sloane Stephens sia pronta a compiere il grande salto già nel 2014. Ma a Boca Raton che succede? Sono stati anni difficili. L’accademia ha vissuto un violento turnover e sono arrivate numerose denunce, persino una querela, perché giocatori e genitori sostenevano che il programma fosse troppo duro. Per questo, la USTA ha cambiato strategia. Dal 2014, soltanto tre giocatori vivranno a tempo pieno nella foresteria dell’accademia, mentre nel 2009 erano addiittura diciotto. “Forse erano troppo giovani, o semplicemente non erano pronti a stare lontano da casa – ha detto Patrick McEnroe, responsabile dello sviluppo – non spingeremo più al 100% per la formazione a tempo pieno”. Il budget resterà lo stesso: ci sarà il full-time per i giocatori che risiedono nei paraggi, ma aumenteranno gli investimenti per quelli che visiteranno periodicamente Boca Raton, salvo allenarsi regolarmente a casa propria.
Non esiste la bacchetta magica per creare giocani campioni. In ogni parte del mondo ci sono diversi approcci. Negli Stati Uniti, pare che non funzioni la full immersion adottata in Spagna e in altri paesi. Diversi giocatori e genitori hanno definito l’Accademia come una fonte di stress, dove i ragazzi erano oggetto di aspettative irragionevoli e vivevano nella paura di perdere la borsa di studio se i risultati non fossero stati sufficienti. “Trovo che ci sia poco buon senso – ha detto Zaza Corinteli, il cui figlio ha abbandonato il programma l’anno scorso – sembra che trattino i ragazzi come un limone. Lo spremono, ne prendono la polpa e poi lo buttano nella spazzatura”. Nel 2012, Julia O’Loughin, una delle tirocinanti, ha intentato una causa alla USTA. I problemi si sarebbero verificati quando aveva 14 anni: a suo dire, i tecnici sapevano che aveva un disturbo alimentare ma l’hanno comunque obbligata a una dieta restrittiva, obbligandola a pesarsi ogni giorno con l’obiettivo di perdere 20 chili. Nel novembre 2011 si è toccato il punto più basso. L’avrebbero fatta correre 17 miglia al giorno, in aggiunta al programma quotidiano. Risultato? Una disidratazione che l’ha costretta a un ricovero al pronto soccorso. E la bulimia l’ha costretta a una cura di 30 giorni presso un centro specializzato. La causa è stata respinta per un difetto di forma, poiché è stata depositata in Florida e non a New York, dove ha sede la USTA. Tuttavia, la sentenza è stata appellata. Interpellate dalla stampa americana, la O’Loughin e la madre non hanno rilasciato dichiarazioni. Il loro avvocato, Steven Rothman, ha definito “insensibile” il programma USTA. “Hanno messo sotto pressione Julia per perdere peso, con il solo obiettivo di migliore l’immagine della USTA”. L’unica certezza è che la ragazza non ha più ambizioni professionali, anche se potrebbe giocare a tennis a livello college. McEnroe non ha voluto commentare, pur ammettendo che si può fare meglio e che probabilmente sono stati commessi degli errori. “Anche se nel caso specifico abbiamo fatto tutto il possibile per aiutare la ragazza”.
La USTA ha stanziato un budget annuo di 17 milioni di dollari per lo sviluppo, il coaching e i “famigerati” centri di formazione. E’ stato raggiunto un accordo con l’Accademia di Chris Evert a Boca Raton, dove è stato costruito il dormitorio. Hanno assunto Josè Higueras e diversi coach con una buona familiarità dell’approccio europeo (più tattico rispetto al ‘corri e tira’ americano). Le cose non sono andate troppo bene: Dei 62 giocatori transitati a Boca Raton, la metà esatta hanno resistito solo un anno. E appena 14 sono rimasti per almeno tre stagioni. Luca Corinteli si è trasferito all’Accademia a 13 anni, e sostiene che i primi due anni siano stati eccellenti. Nel secondo anno, ha vinto i campionati nazionali su terra. Ma quando i risultati sono venuti meno, la USTA gli ha spesso cambiato allenatore. Ha lasciato il programma lo scorso anno, a 17 anni, e adesso rappresenterà l’Università della Virginia. Ha detto di aver apprezzato l’aiuto economico, ma che c’era troppa pressione. “Mi sono sentito demolito dentro, non avevo più la gioia di giocare”. Quando Nikko Madregallejo è sbarcato a Boca Raton, aveva 14 anni. Oggi ne ha 18 e sta muovendo i primi passi nel professionismo. Ha lasciato il programma dopo due anni, in cui aveva subito una sospensione perché aveva lasciato i dormitori senza permesso. “Il programma era troppo rigido – ha detto – sveglia, scuola, tennis, fitness, tennis…tutti i giorni. Dopo un po’ sei esausto, anche perché c’è un mucchio di pressione”.
Uno dei motivi di maggior contrasto è la preparazione atletica. Lo scorso giugno, Josè Higueras ha mandato una mail alle famiglie dei ragazzi in cui diceva che non sarebbero più stati presi in considerazione i ragazzi che non avessero svolto un’adeguata preparazione fisica. Torna alla mente il caso di Taylor Townsend, che nel 2012 rischiò di non giocare lo Us Open junior proprio per questo motivo. Ritenuta in cattive condizioni fisiche, le chiesero di saltare i campionati nazionali Under 18. Da allora, il programma di formazione USTA è diventato un bersaglio per i critici. Martina Navratilova parlò di “terribile ignoranza”, mentre McEnroe sostenne che si trattava di misure cautelative per la salute della ragazza. Le parti si sono riavvicinate, ma dopo lo Us Open 2013 Taylor ha rotto il cordone ombelicale con la USTA e ha scelto di allenarsi nell’Accademia di Zina Garrison. Tuttavia, ci sono stati anche i successi. Allo Us Open 2013 c’erano ben diciannove americane nel main draw femminile, cifra più alta dal 2005. Nessuna di loro era stata formata direttamente dalla USTA, che però ne aveva aiutate diverse: Stephens, Keys e Stephens su tutte. Grace Min ha passato le qualificazioni ed è l’unica ad aver vissuto a Boca Raton. Secondo lei è un posto difficile “ma l’intensità è adeguata”. In campo maschle, il miglior prospetto è un tirocinante USTA, Stefan Kozlov. “Io non penso che sia un fallimento se un ragazzo passa due anni con noi e poi se ne va” ha detto McEnroe. Tuttavia, l’indirizzo sembra diverso. Nel 2013, ben 177 ragazzi sono stati invitati all’Accademia senza essere sradicati dal loro ambiente. “Siamo fermaente convinti di aver intrapreso la strada giusta – ha detto il presidente Dave Haggerty – siamo molto attivi nello sviluppo del tennis americano. Ma vogliamo anche valutare e ascoltare suggerimenti”. Ed evitare di subire un’altra querela.
Post correlati
Tennisti vs arbitri: è follia o la fine di un’epoca?
L’isteria dei giocatori e gli errori dei giudici di sedia: Shanghai diventa un caso foto Ray Giubilo La fine...