Uno stile di gioco evoluto e rievoluto, fino ad arrivare a Sinner: Nole incontra la sua evoluzione

Foto di Ray Giubilo

Quando, l’altro giorno, davo ancora per verosimile la vittoria di Novak Djokovic in uno dei quattro Slam, qualcuno mi avrà preso per un mezzo visionario incalzato da ineludibile senilità. Può essere, ma così come non è lecito nutrire dubbi sul tempo che scorre, consolanti certezze ho tratto dal match vinto mercoledì dal serbo a spese di un Sascha Zverev centrato in avvio e pian piano sfaldatosi dinanzi alla solidità tattica dell’ex numero uno del mondo.

Ribadissi oggi lo stesso pensiero nel giorno della semi che lo vede opposto al nostro Sinner, sarei additato come menagramo attirandomi le ire dell’Italia tutta, senza distinzione di genere, età o ceto sociale. Allora la prendo alla larga dicendo che il gioco di spinta impresso da dietro, ha in Connors, Borg, Agassi e lo stesso Djokovic la sua perfetta linea evolutiva. E se a Connors si deve l’utilizzo più frequente dell’attacco controtempo, a Borg risale il concetto puro di concentrazione. Da André Agassi il tennis ha tratto incremento di risposta e passante mentre a Djokovic va ascritto il cambio di ritmo la migliore lettura dei punti mai vista tra le righe di un campo. 

Di questo stile di gioco Jannik Sinner è l’ultimo esponente, l’amalgama di quanto sviluppato da campionissimi prima di lui, la punta di diamante di un tennis tornato finalmente a chiedere nuova capacità di manovra. Di suo, l’altoatesino ha esteso il gioco variato a tutto il campo facendo del timing una scienza esatta: ottenere il massimo con l’impiego del minimo. Oggi, dunque, il nostro portabandiera se la vedrà con tutto questo e assai di più. Dovrà misurarsi con un tennista, forse il migliore di sempre che, prima di abdicare vuole fortemente far suo quel 25mo major ancora mancante a una già nutrita bacheca.