Ho chiesto a papà di ricordare qualche sketch della carriera di Nasty.
"Sono mille - ha riso lui -. Una volta, credo a Eastbourne, un giudice di linea gli aveva chiamato un fallo di piede. E Nastase si era tolto la scarpa, l’aveva posata sulla linea di fondo, nella posizione in cui, secondo lui, era stato il piede al momento della battuta. E aveva invitato quel giudice interdetto a intervenire, spiegare, modificare. E’ la mia scarpa, o il mio piede, aveva chiesto a voce altissima, mentre la gente si piegava in due dal ridere. Un’altra volta - continua papà - sono stato corresponsabile di uno sketch che ha finito di incrinare il sodalizio con il suo mentore Ion Tiriac.
Ero stato ospite, qualche sera prima, di un ristorante nel quale si faceva omaggio ai clienti di enormi baffi finti. Come li avevo mostrati a Nastase, aveva fatto in modo di sottrarmeli. Ma non pensavo che, alla presenza della Principessa Margaret e della Duchessa di Kent, quel fenomeno trovasse modo di applicarseli, d’un tratto, dopo che Tiriac aveva sbagliato una palla da fucilazione. Ion si ritrovò sommerso di risate, e ricordo ancora la sua espressione. Tanto disperatamente furiosa e indignata che non ho mai trovato il coraggio di parlargliene".
Mi sono ritrovata, a questo punto, di un altro vecchio aneddoto raccontato da papà e gli ho chiesto se fosse vero che Nasty aveva sempre bisogno di un interlocutore, a bordo campo.
"Verissimo - ha risposto lui. Non era capace di stare solo, né di attribuirsi in proprio tutte le responsabilità di quello che gli accadeva. E’ rimasta storica, nel nostro giro, la lite durata cinque set con Michele Brunetti, il consigliere della Fit, che per primo aveva sfamato lui e Tiriac, poveri emigranti, al torneo di Ancona. Quell’incredibile siparietto si svolse durante la prima delle due finali di Wimbledon mancate da Nasty contro l’americano Stan Smith. Il fenomeno aveva appena litigato con Tiriac per via dei baffi, e pregato Brunetti di assisterlo, come amico, manager, uomo d’angolo, confessore. Tra le sue improvvisate mansioni, Michele si era assunta anche quella di occuparsi delle racchette di Ilie, le Dunlop Maxply. Nonostante le cordature fossero state messe a punto dal miglior specialista della Dunlop, Nasty non le trovò di suo gradimento, e all’inizio del match prese a lamentarsi, a imprecare, indirizzandosi a Brunetti, fortunatamente in italiano. La vicenda continuò fino all’ultimo set, con risvolti di follia. Nastase, sempre più furibonda, addirittura capace di salire sopra la racchetta per allentarne col proprio peso la cordatura. Brunetti era diviso tra la vergogna e il desiderio di non compromettere ancor di più una vicenda già abbastanza compromessa da quel folle. Finì per perdere al quinto, Nastase, un match in cui, secondo me, era favorito. Il male maggiore è che un’occasione simile non gli capitò più. E un tipo come lui, per cinque anni il migliore del mondo, non vinse il torneo più importante per un tennista".
A questo punto, papà si è fermato. Mi assicura che potrebbe continuare per una ventina di pagine. Forse addirittura potrebbe raggiungere il rigaggio di un romanzo breve. Peccato che non ne voglia sapere, che ripeta sempre che di tennis ha scritto troppo, scrive troppo.
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