Ospite del podcast di Alessandro Cattelan “Supernova”, l’ex tennista ligure ha parlato a 360° della sua carriera e di alcune tematiche al centro del dibattito contemporaneo

L’immagine è ancora viva negli occhi di tutti i tifosi italiani: Fabio Fognini che esce tra gli applausi del centrale di Wimbledon dopo cinque incredibili set contro Carlos Alcaraz, in quella che è stata poi l’ultima partita della sua incredibile carriera. A distanza di quasi tre mesi da quella giornata, l’ex tennista ligure è stato ospite del podcast “Supernova” di Alessandro Cattelan, dove ha rivelato che ancora ad oggi non è riuscito a guardare di nuovo quel match. “Una partita così non me la immaginavo neanch’io. Ancora oggi non l’ho vista, non sono riuscito a rivedere neanche gli highlights, ma mi piacerebbe farlo perché da quanto ho visto gli appassionati si sono divertiti. La sera prima non riuscivo a prendere sonno. Avevo un solo desiderio: cercare di divertirmi e di fare una bella partita. Questa parola – divertimento – in carriera la odiavo, non mi piaceva. Invece me la sono portata nell’ultima partita della mia carriera, dove mi sono divertito come un pazzo”.
Nonostante la lontananza dai campi – non ha più ripreso la racchetta in mano, se non per giocare con suo figlio Federico – il tennis resta un grande interesse per Fabio, che prova ad aiutare anche i giovani tennisti. “Abbiamo un’agenzia di management: la mia idea nata durante il Covid è stata quella di aiutare i giovani a diventare professionisti. Cercare di consigliarli e non ripetere gli errori che ho fatto io“. Tra questi figura anche Flavio Cobolli, e il campione ligure racconta di come ci sia un bel rapporto tra i due, facilitato anche dalla profonda stima che il tennista romano nutre nei confronti del suo connazionale.
Inevitabile la domanda su Sinner e Alcaraz, per lui che ha avuto il privilegio di affrontare entrambi in campo e di conoscere molto da vicino l’altoatesino.” Jannik e Carlos mi ricordano molto Rafa e Roger della mia epoca. Jannik è come Seppi: quadrato, un gran lavoratore, sa quello che vuole e come prenderselo. L’altro invece si diverte – non che Sinner non lo faccia – ma ha proprio bisogno di questo divertimento fuori dal campo. Io ero più così: negli ultimi due mesi e mezzo ho visto un set della finale dello US Open. Per il resto zero totale. In questo momento, a essere sincero, il tennis non mi manca. Ho fatto la mia scelta e non mi sono mai guardato indietro“. Nell’ultima parte dell’intervista Fognini ha poi parlato più in generale del tennis, e parlando di Nick Kyrgios ha spiegato come manchino nel circuito maggiore alcune figure che possano essere personaggi anche fuori dal campo di gioco. “Molta gente lo ama e pensa che sia un idolo, mentre altra gente lo odia e pensa che sia uno sbruffone. Io che l’ho visto da dentro posso dire che Kyrgios è così, non gliene frega una mazza. Come ho sempre detto, abbiamo bisogno di personaggi così. Al giorno d’oggi manca uno come lui“.

