Ma il capolavoro è arrivato in semifinale dove aveva tre ostacoli da superare: un vento molto fastidioso, soprattutto per chi cerca spesso la soluzione vincente, l’idea di affrontare una finale da favorito contro Dusan Lajovic e soprattutto il più forte giocatore della storia su terra battuta, Rafael Nadal. Scampato il pericolo inziale (uno a tre), non c’è stata partita. Per quanto Nadal avesse già mostrato una condizione approssimativa contro Guido Pella, infilargli dieci giochi di fila sul campo centrale del Monte-Carlo Country Club (dove ha trionfato undici volte) è impressionante perfino da scrivere. Fognini ha mostrato capacità di accelerazione e un gioco di mano che pochi possono vantare, al punto d’aver quasi scoraggiato anche un tipo come Nadal, che ha salutato il primo game vinto nel secondo set quando era sotto 0-5, 0-40, come avesse vinto uno Slam. Mai visto così dominato sul rosso.
Ora Fognini dive solo mettere la ciliegina sulla torta. Lajovic ha sconfitto un Dominic Thiem quasi arrendevole, ha salvato un set point contro Lorenzo Sonego e ha approfittato del black out di Andrei Medvedev quando era dominato 5-1 nel primo set. Lajovic gioca un bel tennis, dispone di un rovescio in bello stile e parecchio efficace ed è allenato da José Perlas, ex coach di Fognini, che certamente studierà la tattica corretta. Però Fognini ha un bel margine, al punto che credo vi siano più chance di vederlo vincere comodamente piuttosto che perdere in lotta. “Questa settimana Lajovic ha ammazzato tutti” ha detto con saggezza un attento Fognini. Ma lui ha ammazzato il re della terra rossa e l’occasione è troppo importante per farsela scappare. Non accadrà e sarà il trampolino di lancio per un’impresa ancora più difficile, quella di riportare un italiano nella top 10 mondiale, quarant’anni dopo Barazzutti. Un traguardo che lunedì sembrava impossibile: “Mi avessero detto a inizio torneo che mi sarei giocato il titolo, mi sarei messo a ridere – ha detto con sincerità Fabio -: ma questo è lo sport”.