Con il precedente di una sola vittoria al Foro, Tommy Paul conquista la semifinale e confessa il ritrovato amore per la terra battuta, oltre al tifo per la Lazio e per uno dei suoi bomber (foto Brigitte Grassotti) 

 

ROMA – Come si può arrivare in semifinale al Foro Italico, dopo aver vinto in precedenza solo una partita su questi campi? E battendo, per la prima volta in carriera, due top ten di fila (Medveded martedì e Hurkacz oggi, in una faticosissima battaglia condita da ben 13 break)? Tommy Paul sgrana gli occhi, guarda verso l’alto, immagini che pensi, “e adesso cosa mi invento”, poi prova a rispondere. «Beh, per prima cosa ho imparato a non arrabbiarmi più per i rimbalzi della pallina… – questo è già un buon inizio – poi devo dire che finalmente mi sto godendo la terra battuta. Sapete, io sono cresciuto su questa superficie, anche se era quella verde americana, diversa da quella che c’è in Europa. Questa settimana mi sono sentito a mio agio come mai prima, sto anche provando a cambiare qualcosa nel mio gioco, restando a fondocampo un po’ più indietro rispetto al solito, combattendo la voglia di chiudere gli scambi troppo in fretta, e scegliendo bene il momento per andare a rete».

Tommy Paul, 27 anni domani, nato a Vorhees, New Jersey, costa Est degli Stati Uniti, fidanzato con Paige Lorenze, modella molto attiva sui cosiddetti social, una passione smodata per la pesca. Numero 16 del mondo (ma la semifinale gli permetterà di guadagnare un paio di posizioni in classifica), una ottima carriera da junior (ha vinto il Roland Garros nel 2015) nella generazione dei suoi grandi amici Fritz e Tiafoe. Da professionista Paul ha vinto due tornei Atp, ha battuto gente come Nadal e Alcaraz, ha raggiunto le semifinali dell’Open d’Australia del 2023. Giocatore divertente da vedere, dal gioco solido e geometrico, molto portato a variare colpi e strategie, pensavamo fosse ormai confinato a vincere solo sul cemento. E invece… «E invece è successo che a Miami, lo scorso marzo, mi sono fatto male all’anca – spiega Tommy – un vero peccato perché stavo giocando molto bene, ero appena arrivato in semifinale a Indian Wells, però questo mi ha anche permesso di avere molto più tempo per allenarmi in vista della stagione su terra battuta. E’ stato come ricominciare da zero, all’inizio lavoravo poggiando su un piede solo, poi poco per volta le cose sono migliorate. Abbiamo cambiato qualcosa e ora gioco sulla terra con un carico di fiducia mai avuto prima. Secondo il mio staff (il suo allenatore è Brad Stine, ndc) dovevo aspettare ancora prima di tornare in campo e invece avevo ragione io…».

Paul è il primo statunitense a spingersi tanto lontano a Roma dalla semifinale raggiunta tre anni fa da Opelka, proprio il gigante appassionato di arte che ha coinvolto Paul nel tifo verso la Lazio. Domenica scorsa il nostro è stato avvistato e fotografato all’Olimpico per Lazio-Empoli nel cinquantesimo anniversario del primo scudetto («ma di quella squadra, di Maestrelli e Chinaglia, non so nulla…», ha candidamente ammesso) e per la partita con Hurkacz è arrivato con una spilla con la bandiera biancoceleste attaccata al borsone e, dopo aver stretto la mano al polacco ha scritto sulla telecamera, “Forza Lazio”. «Tutto vero, sono diventato tifoso di questa squadra grazie a Opelka. Non so come Reilly abbia cominciato, credo abbia degli amici romani pazzi per questa squadra, comunque lui adesso è molto coinvolto, quando gioca la Lazio si chiude in casa e si piazza davanti alla tv. Domenica all’Olimpico è stato molto divertente, per me era la prima volta allo stadio. Il giocatore che preferisco? Non so bene come si pronunci, è Immobail…», e giù una bella risata.