di Enzo AnderloniEra appena uscito in edicola il numero di Aprile di Tennis Italiano con un mio editoriale intitolato “Dalla parte degli Italiani” quando l’Italia di Coppa Davis è finita kappao contro Israele, vanificando la speranza di tornare dalla prossima stagione nel world group di Coppa, vale a dire tra le 16 nazioni dell’elite tennsitica, quella che comunemente chiamiamo la “serie A”
di Enzo Anderloni

Era appena uscito in edicola il numero di Aprile di Tennis Italiano con un mio editoriale intitolato “Dalla parte degli Italiani” quando l’Italia di Coppa Davis è finita kappao contro Israele, vanificando la speranza di tornare dalla prossima stagione nel world group di Coppa, vale a dire tra le 16 nazioni dell’elite tennsitica, quella che comunemente chiamiamo la “serie A”.
In quell’articolo sostenevo, in sintesi, che l’attuale generazione di tennisti italiani emergenti merita di essere sostenuta e seguita con fiducia perché da essa possono venire buoni risultati. Il fatto che i media l’ignorassero o fossero pronti a stroncarla alla prima battuta d’arresto era secondo me sbagliato.
E adesso? Adesso che le abbiamo prese belle secche da Israele e che alcuni giornali hanno definito l’Italia “uno strazio”, come la mettiamo? La mettiamo che la mia opinione non cambia di una virgola.
Certo, la Pasqua tennistica è stata sconfortante. Quando capitan Barazzutti ha comunicato che in campo per i singolari sarebbero scesi Andreas Seppi e Simone Bolelli (indisponibile Volandri, acciaccati Bracciali e Starace) si avvertiva il fascino della sfida. Andare a battere una squadra poco blasonata ma molto tosta come Israele schierando i due più giovani della comitiva (Bolelli all’esordio addirittura) poteva diventare un trampolino di lancio fantastico. Ma era anche una situazione rischiosa. Rischio altresì inevitabile considerato che i due azzurri meglio classificati tra i convocati erano quelli nelle peggiori condizioni fisiche.

< strong>Più storta di così…
E’ andato tutto storto. Più storto di così era impossibile che andasse. Però abbiamo perso una partita, non abbiamo di colpo cancellato le buone qualità dei nostri tennisti.
Ci stiamo ancora domandando come abbia fatto Andreas Seppi a non chiudere quel match con Dudi Sela, recuperato fino a condurre 3-1 al quinto set. E questo è un rovello che siamo sicuri pesi ad Andreas ancor più che a noi. Conoscendo bene lui e tutto lo staff tecnico che lavora al suo fianco siamo sicuri che saprà trasformare un momento tanto bruciante in un motivo di crescita e che presto tornerà a darci soddisfazioni anche superiori a quelle che un anno fa lo avevano portato fino al 51° posto mondiale.
Il fatto che Simone Bolelli si sia fatto irretire da un giocatore esperto come Noam Okun (n°178 del mondo) non fa certo piacere pensando che due settimane prima aveva fatto fuori un numero 45 come il francese Monfils, un numero 22 come il russo Tursunov. Però se Israele lo scorso anno ha battuto la Gran Bretagna a casa sua con due punti di Okun un motivo ci sarà. Bolelli, nella sconfitta,  avrà avuto modo di capire che il tennis di alto livello richiede doti tecniche (e quelle ce le ha) ma anche grande forza interiore, cattiveria, in certi casi cinismo. Comunque purtroppo nel tennis ci sta che l’esordiente paghi uno scotto.

Adesso guai a chi frena
Il presidente della Fit Binaghi dopo il match ha fatto i complimenti agli israeliani, capaci di tirar fuori qualcosa più dei nostri, e sostenuto che la formula della Davis ci penalizza perché come movimento siamo da serie A. D’accordo con lui che come peso tennistico siamo tra le prime 16 nazioni del mondo in campo maschile. Però se si stila una classifica basata sull’attuale media dei primi tre giocatori di ogni nazione nel ranking Atp (vedi Tennis Italiano di aprile a pag. 29), si trova in testa la Spagna con 7,3 punti (Nadal n°2, Robredo n°6, Ferrer n°14), al decimo posto la Svezia con 47,3, mentre la media Italiana è 73,3. Dunque siamo tra le prime 16 ma nelle posizioni di retrovia.
Per questo, dopo la batosta di Tel Aviv, da un lato non ha senso riaprire il dibattito sulle colpe di una situazione che ci vede nelle secche della serie B: è già in atto un buon lavoro per uscirne dato che possiamo contare su 5 o 6 giocatori, per lo più giovani, nell’orbita dei primi 100 del mondo.
Dall’altro lato bisogna rompere qualsiasi indugio o esitazione e riversare tutte, ma proprio tutte, le risorse e le attenzioni possibili sul settore tecnico e i giocatori. Perché quei giovani che oggi sono tra l’ottantesima e la 100esima posizione al mondo esprimano tutte le loro potenzialità e quelli della generazione successiva si trovino a misurarsi con colleghi azzurri molto più vicini all’elite mondiale assoluta.