La discussione sul G.O.A.T. è tanto oziosa e fittizia, quanto affascinante e divertente. Ancor di più adesso che sono in tre a giocarsi il titolo. Abbiamo fatto parlare i numeri e, pur non potendo prevedere il futuro, il regno di Roger Federer comincia a vacillare. E, in ogni caso, ci sono alcune considerazioni che è giusto fare.La conversazione, che spesso si traduce in battaglia dialettica sui social network, su chi sia il più forte giocatore della storia, il cosiddetto G.O.A.T. (Greatest of All Time) è oziosa e fittizia. Tuttavia, è inutile negare che sia anche affascinante e divertente, soprattutto se non si ha l’ambizione di voler trovare una risposta definitiva. Anche perché i numeri fra i tre maggiori candidati (ah, senza la divisione dilettanti/professionisti chissà se un Rod Laver non avrebbe messo tutti a tacere), Roger Federer, Rafael Nadal e Novak Djokovic appunto, iniziano a essere molto simili.
Proprio ai numeri ci siamo affidati, perché non mentono e sono oggettivi, anche se talvolta un po’ ignoranti. Rino Tommasi, che pure delle statistiche era maestro, diceva del computer ATP che sforna le classifiche mondiali: «Sa far di calcolo ma conosce poco il tennis». Questo perché vi sono alcuni aspetti, il più importante legato allo stile di gioco, che fanno pendere l’ago della bilancia verso un certo giocatore (in questo caso Federer) anche se non dovrebbero perché quello che chiamiamo talento (e che spesso confondiamo con la qualità estetica di un gesto) si può manifestare in vari modi. E, come ci ha ben spiegato Gilles Simon, tra i tennisti più acuti, perché un dritto in corsa di Nadal giocato da tre metri fuori dal campo con la racchetta che rotea sopra la testa dovrebbe valere meno di un ricamo di Roger? Già, perché? Eppure, è così. Perché, in Italia soprattutto, lo stile ha una sua importanza, che trascende i numeri e orienta i giudizi. Questa volta però, abbiamo lasciato da parte qualsiasi considerazione tecnico-stilistica e, volendo confrontare il rendimento dei tre fenomeni, ci siamo affidati alle cifre e a venti tra i parametri più significativi. Ecco cosa ne è venuto fuori.
ROGER FEDERER. Va tenuto presente che il fuoriclasse svizzero è il meno giovane (37 anni) e quello col maggior numero di anni di carriera (21, è passato professionista nel 1998). Può dunque vantare il maggior arco temporale nel quale aver conquistato titoli e, con buone probabilità, è anche il giocatore che potrebbe abbandonare per primo il circuito, fatto salvo per ragioni legate a infortuni. Di conseguenza, per pensare che possa migliorare i record fin qui raggiunti, serve un certo ottimismo, anche se in passato ha già sconfitto parecchi pronostici contrari. Tutto ciò premesso, Federer è avanti in sole cinque di queste venti voci statistiche, ma certamente tra le più significative, a partire da quella dei titoli Slam che, forse un po’ troppo banalmente, viene utilizzata per far coincidere la scelta del G.O.A.T., pur non potendo essere l’unico metro di giudizio. Comunque sia, Federer è al primo posto per titoli Slam vinti, venti, con un vantaggio per nulla rassicurante nei confronti di Nadal (17) e Djokovic (15). Non dovesse rimpinguare il bottino (come ha previsto lo stesso Toni Nadal, pur con dichiarazioni di grande rispetto), non sarebbe inverosimile pensare che venga raggiunto, o quantomeno ulteriormente avvicinato. Federer comanda anche per numero totale di tornei vinti (99, a caccia del record assoluto di Jimmy Connors, 108), di Masters conquistati (6), ma soprattutto di settimane passate al vertice del ranking mondiale (310) e stagioni chiuse da number one (5, come Djokovic). Insomma, si tratta di categorie che definiscono una carriera in senso assoluto e per adesso lo svizzero è in vantaggio, seppur con divari non incolmabili.
RAFAEL NADAL. Cinque anni più giovane, tre di professionismo in meno ma anche una mole di infortuni che lascia qualche ombra per il suo futuro. Difficile pronosticare che arrivi competitivo all’età di Federer. Delle venti categorie prese in esame, comanda in dieci: è il giocatore che ha vinto più Masters 1000 (33 contro i 32 di Djokovic), l’unico ad aver conquistato l’oro olimpico in singolare e ben quattro volte la Coppa Davis. Impressiona il 66,6% di confronti diretti vinti nei tornei dello Slam (Djokovic è fermo a quota 50%, Federer addirittura al 33,3%) e le 17 vittorie Slam a fronte di otto finali perse (68%). Pesano molto i confronti diretti: è sotto di tre lunghezze con Djokovic (25-28) ma il vantaggio accumulato con Federer (23-15) gli consente di avere la miglior percentuale nella classifica avulsa, che tiene conto degli head-to-head fra tutti e tre i giocatori: un’inezia davanti a Nole, un bel 10% in più rispetto a Roger. Dovesse arrivare alla quota Slam di Federer, il sorpasso sarebbe cosa fatta.
NOVAK DJOKOVIC. Il più giovane del trio (un anno in meno di Nadal), certamente il più integro fisicamente e quello con il miglior avvenire davanti, almeno stando all’ultima stagione, dove il serbo ha vissuto una vera resurrezione: dato per morto dopo la sconfitta con Cecchinato a Parigi, ha vinto tre Slam consecutivi e comanda con grande margine il ranking mondiale. Inoltre, ha completato il Career Masters 1000: è difatti l’unico ad aver vinto almeno una volta tutti i più prestigiosi tornei ATP. Comanda in cinque categorie, con lo scippo dei confronti diretti avulsi, anche se in realtà ha un record positivo sia con Federer (25-22) sia con Nadal (28-25). Inoltre, è il giocatore che ha probabilmente dovuto percorrere la strada più ardua, come dimostra la media ranking dei giocatori incontrati nelle finali Slam: solo in un’occasione (Tsonga, numero 38, all’Australian Open 2008) non era un top 10. In tante voci ha un distacco che la logica vorrebbe poter colmare, forse anche con un certo agio. Slam e settimane da numero uno sono le categorie che potrebbero valere il sorpasso.
Una sfilza di numeri e record che non hanno la pretesa di trovare una risposta, se non quello di confermare che una risposta forse non c’è proprio. Mostrano però tre eccezionali carriere, con tanti dati in equilibrio, come dimostrano le percentuali di match vinti e persi in carriera, negli Slam o contro i top 5 della classifica mondiale. Di certo, stabiliscono senza margine di errore che abbiamo vissuto (e stiamo ancora vivendo) la più straordinaria epoca di fuoriclasse nella storia del nostro gioco.
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