Il romano ha ripercorso i giorni della Davis e ha chiarito gli obiettivi per il prossimo futuro

Flavio Cobolli insieme a Matteo Berrettini è stato il protagonista assoluto della terza vittoria consecutiva in Coppa Davis dell’Italia. In particolare Flavio si è messo in mostra con due partite incredibili contro Bergs e Munar che hanno reso ancora più epica la sua settimana a Bologna. In un’intervista al Corriere della Sera, il romano ha rivelato di essere partito per le meritate vacanze alle Maldive e ha raccontato le emozioni di questi giorni: “Rimane tutto. Non avevo mai provato un’emozione così grande. Non avevo mai sentito gridare il mio nome da uno stadio intero. Ho in testa ricordi indelebili. Ma soprattutto, mi sono divertito. Sotto di un break contro Munar stavo imparando… Ha ragione Filippo Volandri: in Davis non sempre fai la differenza con i big. Alcaraz l’anno scorso a Malaga non ha vinto, Zverev a Bologna è uscito in semifinale. Ho capito che ci devono essere un attaccamento alla maglia e una voglia di vincere addirittura superiori alle tue qualità”.
Sulla forza della squadra italiana: “Jannik è imprescindibile, in ogni cosa che fa. Non so cosa ci sia scattato dentro a Bologna. Una convinzione che è maturata strada facendo. In allenamento non giocavo per niente bene: non ho vinto un set. Eppure, giorno dopo giorno, cresceva una sensazione forte, come se fossimo diventati invincibili. Ognuno ha avuto il suo ruolo: Sonego non si è perso un quindici, nemmeno per andare in bagno, Vavassori e Bolelli facevano un tifo sfegatato, io sostenevo Matteo, Matteo dopo aver giocato correva da me. È stato un lavoro pazzesco, nel quale ciascuno ha fatto la sua parte fondamentale”.
Sull’obiettivo per il 2026: “Decideremo dopo le vacanze la programmazione, nell’off season. Mi fido molto di chi mi segue, a cominciare da papà, quindi mi affido. Io la mia idea di dove vorrei arrivare, ce l’ho chiara: nei top 10. Non so quando, non so bene come, ma a questo punto l’asticella va alzata. Per stare dietro a Jannik e ai top player sono chiamato a colmare le mie debolezze. Non significa che sento l’obbligo di vincere sempre, tutt’altro. Solo giocando, perdendo e vincendo si può crescere”.

