In un lungo intervento nel podcast “Served with Andy Roddick”, il coach australiano ha svelato come Sinner e il resto del team hanno vissuto i momenti successivi alla finale del Roland Garros

Darren Cahill è una figura chiave all’interno del team di Jannik Sinner, come dimostrano i risultati ottenuti dal momento del suo arrivo. Il suo lavoro in coppia con Simone Vagnozzi ha prodotto i migliori risultati e ha portato l’altoatesino in vetta al ranking ATP, grazie a una sinergia che porta Jannik ad affrontare al meglio anche i momenti più complicati. Cahill è intervenuto nell’ultima puntata del podcast “Served with Andy Roddick“, tenuto dall’ex numero uno statunitense, e ha parlato tra le altre cose di come lui e il resto del team è stato vicino all’azzurro dopo la cocente sconfitta in finale al Roland Garros contro Carlos Alcaraz. “A dire il vero abbiamo parlato pochissimo, dopo che ci era andato così vicino – racconta Cahill – Chiaramente c’era delusione, è rimasto in spogliatoio per 15-20 minuti buoni. Ognuno del team si è avvicinato e gli ha dato un abbraccio“. Alla domanda su come si può superare la delusione per una partita così, il coach australiano è molto chiaro e spiega che, nel profondo, rimarrà sempre nella testa di Jannik. “Quella stessa sera, qualche ora più tardi, non se ne era ancora fatto una ragione. E non se ne farà mai davvero una ragione. Credo che una partita così ti rimanga dentro per sempre e cerchi di migliorare grazie ad essa. Però lui ha una grande capacità di mettere tutto in prospettiva, capisce bene l’importanza di giocare una partita di tennis rispetto alla vita reale“.
Cahill ha poi allargato lo spettro, e ha parlato più in generale delle qualità di Sinner, svelando anche le intenzioni dell’azzurro circa la durata della sua carriera. “È giovane, ma ha una grande consapevolezza di sé. E questa è una cosa essenziale per un campione: saper gestire bene sia la vittoria che la sconfitta. Ha un’etica del lavoro straordinaria, resilienza, uno scopo ben definito. Ama il tennis, pensa di giocare fino ai 37–38 anni.“. L’australiano prosegue dando un bell’attestato di stima nei confronti di Jannik, che certifica l’incredibile rapporto umano – oltre che professionale – stretto dai due.. “Che ci crediate o no, ora che guardo Jannik dopo quella partita nella finale del Roland Garros nutro ancora più rispetto per lui di quanto ne avessi prima, ed è difficile dirlo perché lo conosco molto bene. Quindi, per me, quella è stata la lezione più importante da quella finale del Roland Garros“.
Inevitabile, infine, la domanda sull’ultimo anno della sua carriera da allenatore. “La notizia non doveva uscire così presto – fu Jannik a rivelarlo dopo il secondo turno agli Australian Open (nda) – ma gli ho detto che non c’era nessun problema. Rispetto a inizio stagione non è cambiato nulla, ma l’anno è lungo. Mi sto divertendo a lavorare con lui e non si può mai sapere cosa succederà“.