In una serata anni 80, Kei Nishikori ha trovato la chiave di lettura del servizio di Roger Federer e lo ha beffato. Per una notte, gli Alphaville hanno suonato per lui.
 
Things will happen while they can
I will wait here for my man tonight
It's easy when you're big in Japan

 
C’era un forte sapore di anni 80 nella notte di Key Biscayne. Non soltanto perchè il torneo è nato nei mitici “eighties” grazie all’intuizione di Butch Buchholz. No, c’era di più. Quando Roger Federer e Kei Nishikori sono scesi in campo, abbiamo ripensato alla finale del Roland Garros 1989, quando Michael Chang punì Stefan Edberg. Quella volta non servì da sotto, come aveva fatto negli ottavi contro Ivan Lendl, ma firmò una delle più grandi imprese della storia. Oggi Michelino siede all’angolo di Nishikori, mentre Edberg è il coach di Roger Federer. Lo svedese era regolarmente al suo posto, mentre Chang non si è visto. Peccato, il quadro sarebbe stato completo. Ma la sua influenza è sempre più forte in Nishikori, sia nel modo di stare in campo che nell’aspetto. La collana color smeraldo del giapponese avrà ricordato, almeno ai più fantasiosi, il foulard che Chang si metteva intorno al collo nella metà degli anni 90. L’esito di questa partita, inoltre, avrebbe evocato una canzone degli Alphaville, band-cult degli anni 80. Se avesse vinto Federer, si sarebbe parlato di “Forever Young”, quella giovinezza ritrovata nei suoi leggiadri movimenti. Invece passa “Big in Japan”, e non c’è neanche bisogno di spiegare perchè. Kei Nishikori ha firmato l’impresa più bella della sua carriera. Ha già vinto tornei, ha già battuto ottimi giocatori…ma sconfiggere Federer di sera, nei quarti di Miami, davanti a 14.000 spettatori pro-Roger…no, non gli era mai capitato. Ed anche se Chang non era al suo angolo, è sembrato di rivere sprazzi di quella finale parigina, in cui Edberg si trovo in vantaggio due set a uno, ma finì la benzina e i passanti gialli assumevano via via l’odore di mandorle amare. E’ andata così anche stavolta, nel 3-6 7-5 6-4 che regala al giapponese la sua prima semifinale in un Masters 1000.
 
Prima del match, nessuno pensava che potesse farcela. Ok, aveva già battuto Federer a Madrid, ma quello era un Roger dolorante, ben diverso da oggi. E soprattutto Kei era rimasto in campo 187 minuti per battere David Ferrer, peraltro annullando quattro matchpoint. Al contrario, Federer ne aveva impiegati 49 per spazzolare Richard Gasquet. Nel primo set si è visto un grande Roger. La bassa percentuale di prime palle (38%) esaltava la bontà del suo tennis in altre zone del campo. Ricamava tennis. Una superiorità imbarazzante, anche se concretizzata da un solo break. Le statistiche gli davano solo 7 colpi vincenti, ma tra i 18 errori del giapponese c’erano parecchi “winner” mascherati. Anche nel secondo, tutto sommato, ha continuato a giocare bene. In fondo, è stato per due volte avanti di un break. Ma Chang deve aver spiegato a Nishikori cosa fanno i cinesi. Si siedono sulla riva del fiume e aspettano che passi il cadavere. Contro Federer è rischioso adottare questa filosofia, così Nishikori l'ha accompagnata con alcune migliorie: ha irrobustito il servizio, ha allungato di un paio di metri la profondità dei colpi e ha iniziato a incassare punti. Senza alcun cedimento fisico, ha lentamente iniziato a sgretolare lo svizzero. Non si fosse chiamato Federer, con il suo carico di classe e carisma, avremmo detto che il match era chiaramente girato già nel secondo set, quando Federer si ritrovava a tirare pallate da fondocampo, finendo spesso con lo sbagliare. Sul 4-5 ha tenuto, ma sul 5-6 non c’è stato niente da fare. Terzo set.
 
I tifosi dello svizzero possono comunque sorridere per l’atteggiamento. Roger, pur in difficoltà tecnico-tattica, è rimasto aggrappato al match con coraggio. Sull’1-2 ha rimontato da 15-40, ma non riusciva ad essere incisivo in risposta. E Nishikori assomigliava sempre di più al Chang di 25 anni fa, pronto a succhiare ogni goccia d’energia all’avversario. Il coach americano gli ha messo a posto il dritto, molto più regolare che in passato. Non è un caso che abbia iniziato l’ultimo game con un terrificante inside-in che ha lasciato fermo Federer. Due drittacci dello svizzero gli regalavano tre matchpoint consecutivi. Roger cancellava il primo (dritto in avanzamento), il secondo (servizio a uscire), ma sul terzo era un rovescio al salto, Chang-Style, sulla riga, a far comparire il cadavere svizzero alla foce, nonostante le statistiche fossero tutte a favore di Federer (più vincenti e meno errori). Da buon giapponese, Kei non ha esultato più di tanto. Sorriso, saluto al pubblico, due parole con Darren Cahill…e via negli spogliatoi, dove forse avrà incontrato Nick Bollettieri, che 10 anni fa lo accolse nella sua accademia e ancora oggi lo segue con affetto. Nishikori a impedito a Federer di giocare la sua 50esima semifinale in un Masters 1000, e ha centrato la seconda vittoria di fila contro un top-5. Impressiona la sua abilità in risposta. Nel secondo e nel terzo set, Federer ha incrementato la percentuale di prime palle (chiuderà con il 53%), ma Kei aveva preso le misure al suo servizio, confermandosi un formidabile ribattitore. Chi ha visto la finale di Tokyo 2012, quando irrise le bordate di Raonic, non può essere rimasto sorpreso. Adesso sfiderà Djokovic in un derby tra giocatori sponsorizzati Uniqlo, ma ormai è pronto a raggiungere l’obiettivo top-10. Lo ha dichiarato, anche di recente. E se Chang continuerà a insegnargli come succhiare energie agli avversari…il 2014 potrebbe essere il suo anno. E magari non si limiterà ad essere soltanto…Big in Japan.
 
It's easy when you're big in Japan
When you're big in Japan, tonight
Big in Japan, be tight


MASTERS 1000 MIAMI – QUARTI DI FINALE
Rafael Nadal (SPA) vs. Milos Raonic (CAN) giovedì a mezzanotte
Tomas Berdych (CZE) vs. Alexandr Dolgopolov (UCR) giovedì alle 18
Kei Nishikori (GIA) b. Roger Federer (SUI) 3-6 7-5 6-4
Novak Djokovic (SRB) b. Andy Murray (GBR) 7-5 6-3