ANA, 85 ANNI, PROFESSIONE NONNA-TENNISTA

Negli anni 50, Ana Obarrio de Pereyra Iraola prometteva di diventare una campionessa. Poi un doppio misto di troppo ha interrotto i suoi sogni, pur senza rimpianti. Ora, punta a diventare comunque campionessa del mondo. Tra le Super Seniors, le tenniste over 80
Aveva 18 anni quando ha interrotto una carriera che prometteva bene. Appesa la racchetta al chiodo per amore, la passione per il tennis non l’ha mai abbandonata. Da allora sono passati 67 anni, ma il sogno di Ana Obarrio de Pereyra Iraola, classe 1933, è rimasto intatto: diventare campionessa del mondo, anche se solo nella categoria Super Senior, riservata agli over 80. Oggi l’argentina ha 85 anni e, dopo aver vinto il Masters del suo paese, sogna di portare a casa il titolo mondiale a squadre. La sua costanza fa invidia ai ragazzini: tre volte a settimana, puntuale, indossa il suo abito bianco – specchio fedele di come ci si vestiva negli anni 50 – e si allena a volontà. Deve essere pronta per il prossimo torneo e prende a pugni il luogo comune secondo cui una donna della sua età non potrebbe avere un rapporto positivo con la tecnologia moderna: ogni giorno, infatti, comunica via WhatsApp con i dieci figli e i 37 (!) nipoti sparsi per il mondo. L’Argentina è un paese molto tennistico, ma non solo tra i professionisti: è tra quelli che organizzano più tornei riservati agli ultraottantenni. Lei si trova in terza posizione (mentre è 32esima nella classifica mondiale) ed è un risultato di rilievo, poiché i giocatori sono circa un migliaio. «Mi alleno con le mie amiche, ma ho spesso la possibilità di giocare tornei: ne faccio una decina all’anno» ha raccontato dopo aver vinto l’ennesima partita all’Hurlingham Club, alla porte di Buenos Aires, dove ormai la sua figura è diventata un’istituzione.
I 30 gradi abbondanti l’hanno fatta sudare appena un po’ di più del solito, orgogliosa di vincere davanti a due figlie e sei nipoti. «Ci ha trasmesso l’amore per il tennis» dice la figlia Laura, mentre la nipote Sol, 20 anni, aggiunge: «Le piace gestire da sola il campo che le ha regalato la famiglia e utilizza con grande disinvoltura tutte le nuove tecnologie». Merce rara, insomma: «È una nonna poco comune, ama competere e possiede uno spirito libero e indipendente» aggiunge l’altra nipote, Lupe, anche lei 20 anni. Per assecondare la sua grande passione, qualche anno fa i figli le hanno regalato un campo da tennis a Rauch, 300 km a sud-ovest di Buenos Aires, una specie di oasi in mezzo alla pampa. «Amo competere e adoro vincere, qualsiasi cosa faccia – dice Ana –, anche se col tennis alla fine mi basta infilare le scarpe e sentire la terra battuta sotto i piedi per essere felice». Innamorata del nostro sport sin da bambina, buona promessa in età adolescenziale, aveva mollato tutto salvo poi riprendere a 60 anni. Ma come mai lasciò il tennis nell’età più bella per una potenziale giocatrice? Facile, l’amore. La sua famiglia le aveva concesso di praticare lo sport che preferiva, pur in un’epoca dove alle donne non era sempre concesso. Tuttavia, le convenzioni sociali erano comunque molto forti, e complicavano la vita da atleta. «Dovevo giocare un torneo molto importante e fare coppia in doppio misto con un giocatore italiano molto forte. Ma a mio marito non piaceva che io giocassi insieme a un uomo: da allora non ho più giocato. Non mi pento, lo rifarei. La mia prima fonte di felicità sono i miei figli, poi viene il tennis».
Tra i 20 e i 40 anni si è dedicata a fare la mamma, nel vero senso della parola: ha messo al mondo dieci pargoli, il che le ha impedito anche soltanto «di leggere il giornale». Intorno ai 40 ha ripreso la racchetta, ma solo per palleggiare con le amiche. Una volta superati i 60 (scomparso il marito...) ci ha riprovato con maggior convinzione. Secondo Norma Baylon (miglior giocatrice argentina di sempre prima dell’avvento di Gabriela Sabatini: negli anni 60 è stata considerata tra le cinque tenniste più forti al mondo), la Obarrio era la più brava di tutte, in ogni categoria di età. La vita l’ha portata in un’altra direzione, ma oggi è più competitiva che mai: «Nel tennis Senior c’è un obiettivo ben preciso - racconta il tecnico Roberto Alvarez, direttore del Masters argentino vinto dalla Obarrio -: correre il meno possibile ed essere molto precisi nei fondamentali». Da parte sua, la diretta interessata sostiene di essere molto forte mentalmente: «Per allenare il cervello mi piace leggere di filosofia e antropologia. Onestamente, l’età non mi pesa». E allora il grande sogno è portare a casa questo benedetto titolo mondiale nella categoria che l’ITF definisce Super Seniors, ovvero l’over 80 (anni). Il torneo a squadre si chiama Doris Hart Cup, con trofeo donato dalla federtennis americana per onorare la mitica giocatrice degli anni 40 e 50, proprio quelli in cui la Obarrio avrebbe potuto essere protagonista, se solo non avesse assecondato la gelosia del marito. Ma se la Hart vinse sei Slam in singolare e 29 tra doppio e misto (e sarebbero stati di più se non fosse stata vittima, da bambina, di una grave infezione a un ginocchio), la Obarrio si accontenterebbe di vincere questo trofeo a squadre. Nel 2015, a Umago, in Croazia, non è andata troppo bene: le argentine sono state beffate dalla Gran Bretagna e hanno chiuso in terza posizione. «Quella sconfitta mi brucia ancora - racconta -. Adesso la mia ossessione è vincere a Orlando, dove si terrà il prossimo mondiale. Rappresentare l’Argentina si sente in fondo al cuore, per questo non andremo solo per partecipare, ma per vincere». L’appuntamento è dall’8 al 13 ottobre sui campi di Lake Nona, dove qualche mese fa è stato inaugurato il nuovo Centro Tecnico USTA, dotato di 100 campi. L’obiettivo è chiaro e vuole conquistarlo senza tradire lo stile dei suoi amati anni 50, quando le palline erano bianche e si giocava con pesanti racchette di legno: ad esempio, continua a giocare il rovescio a una mano, in modo da tenere una pallina in mano anche durante lo scambio, roba che non si vede più nemmeno tra i maestri delle scuole SAT. Chissà se riuscirà a centrare il suo obiettivo. Onestamente, a noi vien naturale tifare per lei.
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