Tanti giocatori oggi parlano sempre più apertamente dei problemi di depressione che si trovano ad affrontare. Nel podcast di Caroline Garcia, Paula Badosa ammette: “Il cervello non è pronto a gestire tutto questo, ho attraversato problemi di salute mentale”.

Foto Ray Giubilo

Un tema oggi sempre più discusso nel circuito tennistico è quello legato alla depressione. Ospite del podcast “Tennis Insider” di Caroline Garcia, Paula Badosa, attuale numero 10 del mondo e semifinalista slam agli Australian Open, ha fatto nuovamente luce sulle dinamiche che legano il tennis alla salute mentale: “Amo questo sport, ma c’è sempre un momento nella vita in cui diventa un lavoro. Diventa pressione, responsabilità e così tante aspettative che è molto difficile da gestire. […] Il tuo cervello non è pronto a gestire tutto questo genere di cose quando hai 18, 19 anni, nemmeno 25. Potresti essere pronto per questo a 40, ma per il tennis è troppo tardi. Il processo di maturità è super veloce, e penso che sia per questo che nel mio caso non mi vergogno mai di dirlo. Ho attraversato la depressione e ho attraversato problemi di salute mentale”. Dichiarazioni importanti che dimostrano la complessità di questo sport e l’importanza di riuscire a trovare un equilibrio mentale da aggiungere al talento tennistico. Paula Badosa a 18 anni aveva vinto il Roland Garros juniores e sembrava lanciata a una carriera brillante, però a distanza di anni non era riuscita a guadagnare trofei e raggiungere i risultati che ci si aspettava. Il problema? Un ingranaggio mentale. Puoi avere un talento enorme e giocare un tennis straordinario, ma se non hai un’elevata forza mentale è quasi impossibile frequentare questo sport. Nel 2021 la spagnola ha conquistato il WTA 1000 di Indian Wells e ha parlato apertamente della depressione che aveva affrontato, consapevole del fatto che anche altri giocatori stavano attraversando e vivendo le stesse difficili emozioni.

In quello stesso periodo ricordiamo, infatti, il ritiro di Naomi Osaka dal Roland Garros 2021 a causa di attacchi d’ansia. La giapponese aveva raccontato di avere iniziato a soffrire di depressione già dallo US Open 2018 e che aveva bisogno di prendersi del tempo per se stessa. Non è stata la prima a rendere noto il problema, già l’anno precedente Coco Gauff aveva manifestato un’insofferenza con la propria salute mentale. A soli 16 anni aveva pensato di prendersi un anno sabbatico dove dedicarsi alla sua vita privata perché si sentiva travolta dalla fama e dalle aspettative, troppo difficili da gestire a quell’età. Anche Iga Swiatek parla spesso di salute mentale e della pressione che devono sopportare i giocatori durante tutta la stagione tennistica, per questo motivo è spesso accompagnata da una psicologa con cui approcciare al meglio ogni aspetto mentale.

Il mondo del tennis è sempre più testimone di casi legati alla depressione e non è coinvolto solo il circuito femminile. Anche nel maschile ci sono giocatori che hanno parlato a cuore aperto dei loro problemi di salute mentale, uno di questi è Andrey Rublev. Dopo la vittoria a Montreal ha confessato il malessere vissuto negli ultimi anni e della sua difficoltà a gestire gli scoppi d’ira e le emozioni sia dentro che fuori dal campo. Un altro giocatore che ha toccato il fondo e poi si è rialzato è Matteo Berrettini, dopo l’ennesimo infortunio a New York ha raccontato di aver sofferto di depressione e di aver dovuto lavorare su se stesso per rimettersi in piedi. Ma già nel 2015, durante una conferenza stampa dello US Open, Mardy Fish aveva confessato che negli ultimi 3 anni aveva sofferto di disturbi d’ansia. Una testimonianza che ha fatto da apripista a molti altri.

Purtroppo sono tante le storie dei tennisti che lamentano sofferenze mentali ed è preoccupante constatare come gli anni passano, la sensibilizzazione sul tema aumenta ma i casi non diminuiscono. Parlarne è importante ma è altrettanto importante trovare una soluzione. La società di oggi impone tante responsabilità e le pressioni a cui sono sottoposti i giocatori sono innumerevoli. “Mens sana in corpore sano” diceva Giovenale, oggi sembra difficile avere entrambe le cose ma è fondamentale ricordare che i tennisti prima che atleti sono umani e prima ancora di scendere in campo e giocare devono pensare a stare bene.