Il tennista spagnolo ha sofferto più del previsto per battere Jesper De Jong, ma ha staccato il pass per il terzo turno

Foto Ray Giubilo

PARIGI – «Può essere utile giocare così tanto per entrare in ritmo, ma avrei preferito stare meno in campo». Sorride amaro, Carlos Alcaraz, dopo la prestazione in chiaroscuro ma vittoriosa (6-3 6-4 2-6 6-2) contro il volenteroso Jesper De Jong, 24 anni venerdì prossimo, olandese di Haarlem numero 176 del mondo, ghiotto di pastasciutta (tanto da sognare a fine carriera di possedere un ristorante italiano), tritato da Sinner con un triplo 6-2 nel secondo turno degli ultimi Open d’Australia.

Tre ore e 11 minuti di lotta, 35 errori gratuiti, alcuni clamorosi. Non una bella prestazione per il numero 3 del mondo, al rientro in questo torneo dopo quasi un mese di assenza per i problemi al braccio destro che lo hanno costretto a rinunciare a Roma e oggi spesso in affanno contro un giocatore che lo ha sfidato scendendo a rete ben 48 volte. «In questo torneo bisogna essere concentrati in ogni partita, in ogni punto. Non conoscevo Jesper, ma è un buon giocatore, oggi ha dimostrato di avere il livello per entrare in Top 100 – ha cercato di giustificarsi Alcaraz – in partita ci sono stati tanti alti e bassi, non sono riuscito a dare continuità al mio gioco. Dopo due set buoni, ho fatto tanti errori nel terzo, e ho capito che dovevo dimenticare l’idea di creare uno show, che dovevo restare negli scambi, lottare. Non è stato semplice, ma nel finale ho finalmente servito bene e questo mi ha reso la vita più facile».

Gli viene chiesto dei problemi al braccio, dei tanti break point sprecati, ma il ragazzo di Murcia fa catenaccio. «La partita è stata lunga, ho dovuto tirare tanti dritti, tanti rovesci… nessun problema. Le occasioni sprecate? E’ stato bravo lui ad annullarle». E allora se va tutto bene non ci resta che aspettare Alcaraz alla controprova del terzo turno, contro il vincente della sfida tra lo statunitense Korda e il coreano Kwon.