Sono passati dieci anni da quando Roger Federer in quel di Cincinnati inventò il colpo passato alla storia come SABR – “sneak attack by Roger” – che nasconde il delicato rapporto con lo scorrere del tempo

Ferragosto, per me lontano dall’Italia, se mi è concessa una nota personale. Ma l’amore per il tennis non va in vacanza. E soprattutto gli insegnamenti che questo sport divino e diabolico non smette di darci.
Potremmo allora parlare della cavalcata della Volpe Jan anche a Cincinnati e dei suoi numeri tennistici francamente stupefacenti; gestiti con la nonchalance di chi approfitta di una pausa forzata dal match per una partita a burraco con il suo team. Sinner che al prossimo turno, nel giorno del suo ventiquattresimo compleanno, se la vedrà con la sorpresa francese del torneo, il ventitreenne mancino Atmane. Uno che ha nel nome un riferimento niente meno che all’Atman, termine sanscrito che nell’hinduismo indica il soffio vitale, l’essenza.
Ma di pensiero in pensiero, in questo Ferragosto – Natale dell’estate, si diceva un tempo – sono ricondotto al Re del tennis, Federer, che per parte di madre ha origine nella terra in cui mi trovo. È notizia di pochi giorni fa che in ottobre tornerà in campo a Shangai per una esibizione in doppio. Qui però mi piace ricordare quanto avvenne dieci anni fa, proprio a Cinci. The King si inventò un colpo quasi impensabile: la SABR, acronimo per “sneak attack by Roger”, ovvero “attacco furtivo, inatteso di Roger”.
Tecnicamente, si tratta di una risposta al servizio mediante un colpo in controbalzo, con uno scatto velocissimo in avanti al momento del caricamento della battuta dell’avversario, ignaro. Una risposta quasi da metà campo da parte di Federer che avanzava, poi, in un amen a rete: in tal modo l’altro si ritrovava stupefatto e con la palla tra i piedi, tentando di organizzare un passante che finiva preda della volée di Roger, ormai a rete.
Ma c’è molto di più. C’è il rapporto con il tempo. Il fuoriclasse di Basilea, nella fase finale della sua carriera, era conscio di dover abbreviare i tempi, per potersi gestire al meglio. Quanto al malcapitato dall’altra parte della rete, il tempo se lo vedeva sottratto improvvisamente, impreparato a gestire il fuso orario tennistico del Genio. Il Salmista biblico poetizzava: “Insegnaci a contare i nostri giorni, e giungeremo alla sapienza del cuore”. Roger ne ha tradotto la lezione sul rettangolo da gioco. Narrandoci visivamente, con una bellezza impareggiabile, che il tempo, la vita, è questione di affrontare ogni attimo, cioè ogni risposta agli eventi (non è forse questo il tempo che scorre?) con intelligente prontezza. Magari con qualche piccolo “inganno” al gocciolare degli istanti. Come? Per esempio sorridendo, cioè stupendoci (e stupendo) per quante possibilità inedite ci sono offerte di godere di ogni istante. In campo e fuori. Ecco il cuore della sapienza.