Ripubblichiamo l’intervista a Boris Becker uscita oggi su La Stampa

foto Discovery

Boris Becker è stato numero 1 del mondo e ha vinto sei tornei dello Slam, fra i quali tre Wimbledon, la sua personalità continua ad affascinare anche oggi che è una delle voci tecniche più apprezzate di Eurosport.
Boris, se potesse tornare indietro che cosa cambierebbe nella sua carriera?
«Vorrei vincere di più.. Mi sarebbe piaciuto fare mio almeno un grande torneo sulla terra rossa, per poter dire di aver vinto su tutte le superfici. Ho raggiunto la finale a Monte-Carlo, Roma e Amburgo, sono stato due volte in semifinale qui a Parigi, ma a quei tempi Agassi e Wilander erano più forti di me».
Il Roland Garros è entrato nella seconda settimana: chi sono i suoi favoriti?
«Per me Carlos Alcaraz e Aryna Sabalenka. Ma c’è spazio per sorprese».
Come vede il futuro del tennis?
«L’anno scorso abbiamo già avuto un anticipo di futuro. Sinner e Alcaraz hanno vinto due Slam a testa, e non mi meraviglierei se il copione si ripetesse quest’anno. Dopo di loro vedo bene Zverev e Draper. Per ora Carlos e Jannik sono i ‘Big Two’, ma altri arriveranno ad insidiarli».
Il tennis del passato era migliore?
«Sono all’antica, fatico a paragonare epoche diverse. Oggi non solo le racchette sono diverse, ma anche le scarpe, le corde, le superfici… Chi è meglio, Sinner o Laver, McEnroe o Alcaraz? Non so dirlo. Possiamo affidarci solo ai numeri, e quelli ci dicono che Djokovic è quello che ha vinto di più. Ma avrebbe battuto me o McEnroe sull’erba? Dico solo che sono contento del tennis di oggi, la transizione fra due epoche è stata completata e oltre a Sinner e Alcaraz abbiamo altri giocatori che possono vincere».
Ci sono giovanissimi come Fonseca e Fils che stanno bussando alla porta.
«La loro forza è non aver avuto ancora grandi delusioni. Sentono di non avere nulla da perdere e per questo sono pericolosi. Con l’età arrivano anche i ricordi meno piacevoli e un po’ ti frenano».
Zverev rimarrà l’eterno incompiuto?
«Per qualche motivo che solo lui e la sua famiglia conoscono, ad un anno buono Sascha ne alterna sempre uno meno competitivo. Ma ha un gran servizio, ottimi colpi da fondo: nella giornata giusta può battere chiunque su qualsiasi superficie».
Uno che ha fatto il salto di qualità è Draper: se lo aspettava?
«Sì, perché l’anno scorso già era in crescita costante. Non ama troppo la terra, eppure sta facendo bene anche sul rosso. E’ già alle calcagna di Jannik e Carlos».
Jannik Sinner ha vinto i suoi tre Slam sul cemento. Può riuscire a conquistare anche Parigi e Wimbledon?
«Non è un segreto che la terra sia la superficie che si adatta meno al suo gioco, eppure a Roma ha fatto un grande torneo. Prima o poi può ripetersi anche a Parigi, dove giocare al meglio dei 5 set lo protegge di più. Inoltre la pressione almeno al Roland Garros è più su Alcaraz che su di lui».
Che idea si è fatto della faccenda Clostebol e della squalifica di tre mesi?
«Ne abbiamo parlato per mesi e mesi. Sono contento che la ‘saga’ sia finita. Mi piace Jannik, il suo team, siamo amici. Quel che è successo è successo, ora il tennis ha bisogno di Sinner. La sua rivalità con Alcaraz può durare a lungo ed è eccitante perché mette di fronte stili di gioco e personalità diverse».
Alcaraz può insidiare i record di Nadal?
«Quest’anno ha vinto Monte-Carlo e Roma, saltato Madrid e si è dovuto ritirare in finale a Barcellona: quindi non ha ancora perso un match sulla terra. Diciamo che sta facendo il possibile per avvicinarsi. Vincere a Roma era più importante per lui che per Sinner».
I paragoni con i Tre Grandi sono inevitabili…
«Ma non mi piacciono. Per me Carlos è il Golden Boy del tennis, sa giocare un gran tennis sempre con il sorriso sulle labbra. Farà il suo percorso, fra dieci anni vedremo dove l’avrà portato».
Parliamo di coach: se davvero Cahill lascerà a fine anno, Sinner avrà bisogno di sostituirlo o Vagnozzi è sufficiente?
«Jannik è in ottime mani, Simone e Darren si integrano alla perfezione. Credo che stia cercando qualcuno con le caratteristiche di Cahill. E ce ne sono, ma non le dico chi per non bruciarli…».
Boris Becker?
«Diciamo che se allenassi qualcuno non potrei più fare il commentatore, non sarebbe corretto».
La rivalità fra Musetti e Sinner può fare bene al tennis italiano, come quella fra lei e Stich fece al tennis tedesco?
«Sarebbe molto bello, creerebbe ancora più ‘hype’ attorno al vostro tennis che, lo so perché vivo in Italia, ormai sta diventando più popolare del calcio».

La rinascita di Djokovic la sorprende?

«Mai sottovalutarlo. Nole ha sempre un asso nella manica. Non mi aspettavo che interrompesse il rapporto tecnico con Murray, che poteva essergli utile a Wimbledon, ma Nole sa sempre quello che fa, e ora ha vicino Dusan Vemic, ottima persona e grande esperto. Quest’anno non sta giocando benissimo per i suoi standard, ma non è ancora stato testato da un match lungo».
Si ritirerà a fine anno?
«Non può giocare in eterno, e sono sicuro che ci sta pensando. Per me è come un fratello, conosco tutta la sua famiglia, e credo abbia ancora qualcosa da dare al tennis».
Iga Swiatek sembrava destinata a dominare, ma non vince più: come mai?
«Qualcosa non sta funzionando. Capita di avere alti e bassi in carriera, anche Djokovic ci è passato. A Parigi però sente le emozioni positive di un torneo che ha già vinto e sono sicuro questo la aiuterà».
Le manca Nadal?
«A chi non manca? Rafa è un pezzo unico. Ha giocato più a lungo di quanto lui stesso avrebbe pensato. Qualcuno sostiene troppo a lungo, visti i tanti malanni. Per me invece ha scelto il momento giusto».
Matteo Berrettini uscirà dal tunnel degli infortuni?
«Gli addominali sono una brutta bestia, perché li usi per tutti i colpi. Di sicuro ha fatto bene a saltare Parigi per concentrarsi sull’erba dove ha le chance migliori».
I tennisti si lamentano sempre più di stress e malessere mentale: è un problema serio?
«E’ la forza mentale che fa la differenza fra chi vince e chi perde. Ma la salute mentale è un problema di tutta la generazione che oggi ha 25, 26 anni e dobbiamo preoccuparcene, perché sono loro il nostro futuro. I tennisti sono solo più a rischio, perché in uno sport individuale una mente fresca e pulita è la base della carriera».