In passato ci sono stati dei contenziosi fra il Tennis Rozzano e la FIT, è corretto?
“Ci sono state due cause. La prima risale al 2013: in qualità di direttore di gara di un torneo organizzato sui nostri campi, venni chiamata a testimoniare in merito a una sanzione che il vecchio FUR (il fiduciario degli ufficiali di gara regionali, ndr) della Lombardia e un dipendente del Comitato avevano tolto, pur non avendone diritto, a uno dei partecipanti al torneo. Ma la Procura mi fece una serie di domande che non riguardavano affatto quell’argomento, bensì la nostra attività al Tennis Rozzano. Secondo le regole federali non potevo allenare giocatrici di seconda categoria che io stessa ho portato in seconda categoria, perché il mio diploma FIT di istruttrice di primo grado non lo permette, malgrado pagassi la tassa di non esclusività, abbia svariati diplomi e sia una libera professionista. Aprirono un procedimento sportivo contro di me e contro il Tennis Rozzano, reo di avermi permesso di lavorare con certe atlete, e in primo grado ci diedero circa 1.800 euro di sanzioni, fissando le tasse di appello a 1.600. Potevamo pagare la sanzione e chiudere il procedimento, invece abbiamo deciso di passare al secondo grado, rischiando di dover pagare molto di più, ma sicuri di poter vincere la causa. Così è andata: la sanzione è stata ritirata”.
Eppure la questione non è finita lì…
“Ci hanno rifatto il procedimento, per le stesse motivazioni a distanza di un anno e mezzo. Eppure il Collegio di garanzia del Coni, sia prima della sentenza della Corte di Appello Fit che dopo, ha espressamente chiarito senza alcuna incertezza che ciò non è possibile. Se regole ci sono, devono a mio avviso valere per tutti: sia per chi le fa, sia per chi è chiamato ad applicarle”.
Quanto questi episodi hanno influito sulla vostra decisione di non riaffilarvi?
“Sono stati importanti, ma non determinanti. Avremmo potuto farlo già nel 2013, come nel 2014 o nel 2015. Diciamo che è una delle tante cose che ci ha lasciato parecchio amaro in bocca, anche perché abbiamo sempre pensato di essere un buon “cliente” per la Federazione. Tutti i nostri soci hanno sempre avuto la tessera FIT, abbiamo sempre iscritto tante squadre ai campionati, organizzato tanti tornei. Arrivare a subire dei procedimenti e dei controlli da parte della Procura Federale ci è parso eccessivo. E ci è costato anche molti soldi. Soltanto di tasse siamo attorno ai 5.000 euro, senza considerare le spese legali, la parcella dell’avvocato e tutti i viaggi che ha dovuto sostenere per partecipare alle udienze, anche più di una per ogni grado, e quasi mai nella stessa città. Il secondo procedimento non doveva neppure iniziare: si è concluso con una nostra condanna e non riteniamo né giusto né etico che la vicenda finisca così. Se credi di avere un diritto, devi essere disposto ad affermarlo".
Quindi la questione non è chiusa?
“Stiamo pensando di rivolgerci alla giustizia ordinaria per far riconoscere i nostri diritti. Il nostro legale ci ha detto che l’entità delle sanzioni non ci consente di ricorrere al Collegio di Garanzia del Coni, i cui precedenti sono tutti in senso a noi favorevole e, pur evidenziati agli organi di giustizia Fit, sono stati ignorati. Andate a dare uno sguardo alle decisioni
58/2016 e
12/2017 del Collegio di Garanzia del Coni: le conclusioni si traggono da sole”.
Come mai la scelta di non affiliarsi arriva proprio ora?
“La Federazione Italiana Tennis riesce ad andare avanti grazie all’amore che la gente ha per questo sport, non per ciò che sta facendo. E a noi l’amore l’ha tolto quasi tutto. Amare il tennis significa essere orgogliosi di vedere i propri giocatori in campo a rappresentare il club, e tanto altro. Siamo andati avanti per questo, ma l’amore è calato sempre di più, e ora è rimasta solo una piccola fiammella. Ma sia ben chiara una cosa: non affiliarsi alla FIT non significa non praticare più tennis. Il tennis non è monopolio della Federazione. Chiunque, da cittadino italiano, ha diritto di prenotare un campo e giocare a tennis: è un concetto cardine e fondamentale. Negli anni scorsi abbiamo presentato varie proteste al Comitato Regionale, anticipando questa nostra possibile decisione. Ma non tanto per lamentarci, quanto per far capire ciò che non andava bene. Oggi abbiamo scelto di non affiliarci alla FIT, domani potremmo decidere di uscire anche dal CONI, abbandonando l’ASD a favore di una comune SRL. Se alla FIT viene permesso di far pagare una tassa di non esclusività, di non dare rimborsi a dei club che si stanno svenando, di perpetuare negli aumenti, ad esempio dei tesseramenti, e di non mettersi empaticamente dalla parte dei circoli, vuol dire che al di sopra c’è un CONI che permette tutto ciò. Spesso sento dire che un euro investito in attività sportiva, sono tre euro di risparmio in sanità. Mi piacerebbe che qualcuno mi spiegasse a livello politico perché pretese “esclusive” possono limitare la possibilità di normali cittadini, non certo agonisti di interesse nazionale, di fare sport con la più ampia possibilità, secondo le loro libere scelte”.
Vi aspettate un confronto da parte della Federazione?
“No, non ci aspettiamo nulla. Il confronto potrebbe arrivare solo di fronte a una voce di popolo più ampia. Ci tengo a evidenziare una cosa: uno dei complimenti che ci è arrivato con maggiore insistenza è “che coraggio”. Ma se ci dicono “che coraggio”, vuol dire che c’è qualcosa di cui avere paura. Ma paura di cosa? Non siamo stati gli unici a prendere questa decisione, ma forse gli unici a dire perché. Riteniamo che per onestà intellettuale andasse fatto: negli anni abbiamo creato una realtà importante per noi, per i ragazzi, per Rozzano. Vogliamo dire le cose ad alta voce. Se tutti i circoli che oggi scelgono di non affiliarsi dicessero come mai, forse allora si arriverebbe veramente a un confronto”.