In un Paese come l'Italia, che ha scelto di dare grande importanza alla Fed Cup, il giorno dell'esordio è qualcosa di speciale. Per questo, difficilmente
Jasmine Paolini dimenticherà il 10 febbraio 2018. Alle 16
(diretta SuperTennis) avrà un match sulla carta impossibile contro Carla Suarez Navarro. Al netto dell'emozione, tuttavia,
si trova nell'invidiabile posizione di non avere nulla da perdere. L'abbiamo conosciuta l'anno scorso, in occasione di un'intervista per Tennis Italiano. Nel piccolo Tennis Club Carrara, 4 campi in una via secondaria, a due passi dall'uscita dell'autostrada, si allenava con Renzo Furlan.
Fedele al suo personaggio, l'ex top-20 ATP privilegiava il lavoro alle chiacchiere. Avrà detto sì e no quattro parole in mezz'ora. Al termine, mentre Renzo tornava a casa in sella alla sua bici, abbiamo scoperto una toscana un po' atipica, forse per le sue curiose origini familiari. Jasmine non dà troppa confidenza, ma non è troppo difficile farla sciogliere in un sorriso che sa essere radioso. All'inizio parla poco, poi però dimostra di avere idee e pensieri. Ecco la ragazza che oggi proverà a regalarci un miracolo.
Chi devi ringraziare per aver iniziato a giocare a tennis?
Da bambina abitavo a Bagni di Lucca e non c'erano molte possibilità: tennis o piscina. Mio zio gioca a tennis, e anche mio padre è un praticante meno assiduo. Quando avevo 6 anni mi chiesero di provare e da lì non ho più smesso.
Tuo padre Ugo è di Lucca, mentre sappiamo che la provenienza di tua madre è ben più avventurosa...
Mia mamma è nata in Polonia da madre polacca e padre ghanese. Io sono nata in Italia e mi sento italiana al 100%. È da un po' che non vado in Polonia, ma fino ai 10 anni di età ci sono andata spesso, ragion per cui parlo abbastanza bene il polacco.
C'è stato un periodo in cui hai vissuto in Polonia?
No no, di base sono sempre stata in Italia. Diciamo che ci passavo tre settimane all'anno, o magari un mese. Andavo a Lodz.
Come si sono conosciuti i tuoi genitori?
Mio padre gestiva un bar a Bagni di Lucca, di cui mia madre era frequentatrice. Lei viveva già in Italia. Si era trasferita in Italia insieme a una sua cugina anni prima, lavorava come cameriera in un ristorante. Mia mamma è nata in Polonia, ha frequentato le scuole lì ma ormai è in Italia da quasi 30 anni.
Chi ha scelto di chiamarti Jasmine? Non è un nome tipicamente italiano...
Mia mamma! A lei piacciono i nomi particolari, non troppo comuni. Lei si chiama Jacqueline, io Jasmine e mio fratello William!
In parte hai già risposto: hai mai fatto un viaggio alla scoperta delle tue origini tra Polonia e Ghana?
Come dicevo, in Polonia un sacco di volte. In Ghana non sono mai stata, sinceramente non saprei dire molto, né del paese, né dei parenti. Il legame è soprattutto con la Polonia.
Hai sempre pensato che il tennis potesse essere la tua vita, oppure hai ipotizzato altre strade, sia nello sport che in altri campi?
Il tennis è sempre stato la mia vita, ma ho capito di poter sfondare soltanto quando avevo 14-15 anni. Prima era il mio sogno, però non vedevo una strada da percorrere. Poi ho capito che ce la potevo fare, la strada si è materializzata... ed è la stessa che vedo ancora oggi. Devo intraprenderla al meglio e raggiungere l'obiettivo.
Fino a 15 anni, dunque, frequentavi una scuola tennis “normale” come tanti altri ragazzi?
Sì. Ho intensificato la mia attività quando mi sono spostata a Tirrena. In precedenza giocavo tutti i giorni, ma facevo giusto un'ora e mezza di tennis. Preparazione atletica pochissima, quasi niente. Giocavo appena 5-6 tornei all'anno, soprattutto in Italia. Insomma, non facevo la professionista. Quando sono andata a Tirrenia ho intrapreso un percorso vero.
La convocazione a Tirrenia fu inaspettata o in qualche modo ci speravi?
Totalmente inaspettata. Il mio maestro Ivano Pieri mi disse che avevano aperto il Centro Tecnico anche alle ragazze. Valutai subito la possibilità perché a Lucca andavo a scuola: sono sempre andata bene a scuola, ma in prima superiore bisognava studiare di più e non avevo la possibilità di giocare molti tornei. Inoltre non facevo preparazione atletica.. .insomma, mi sono resa conto che per fare un salto di qualità, l'unica strada percorribile era Tirrenia.
Come ti sei trovata a Tirrenia?
Bene. All'inizio mi allenavo sia con Antonio Cannavacciuolo che con Daniele Ceraudo. Dopo pochi mesi, sono rimasta solo con Ceraudo. Nell'ultimo anno, invece, sono stata seguita dalla Garbin. Gli ultimi mesi sono stati un po' difficoltosi, tra infortuni, incertezze, e mancanza di serenità. Tutto questo mi impediva di esprimermi al meglio in campo... così ho deciso di tentare un'altra strada.
Che tipo di incertezze?
Ti fai male, dopo l'infortunio non ritrovi te stessa e arrivano mille dubbi sul tuo livello, sulla tua capacità di giocare bene... incertezza dopo incertezza, il livello scende. Se vai in campo senza essere serena diventa difficile.
Come valuti, nel complesso, l'esperienza al Centro FIT?
Mi ha fatto crescere tantissimo. All'interno del Centro abitavo da sola, mi allenavo come non mi ero mai allenata prima e mi sono sempre relazionata con persone più grandi di me. Persone che non conoscevo, che non facevano parte né della famiglia né del circolo dei vecchi conoscenti. Credo che tutto questo mi abbia aiutato anche sul campo da tennis.