di Daniele Rossi - foto Getty Images
Esistono giocatori e giocatrici ingiustamente dimenticati, quelli che la
storia ha oscurato e che in pochi ricordano. Le circostanze hanno fatto
sì che, quando si parli delle grandi campionesse della storia del tennis,
raramente venga fatto il nome di
Hana Mandlikova, vincitrice di quattro
Slam in carriera.
Hana nasce a Praga il 19 febbraio del 1962. Figlia di un atleta olimpionico,
viene indirizzata alla racchetta fin dall’infanzia e
si rivela un
talento
precocissimo. Nel 1977 vince il torneo under 16 dell’Avvenire, nel
1978 diventa la prima numero uno della storia del ranking junior e l’anno
dopo vince a Montreal il suo primo torneo da professionista.
Tra il
1980 e il 1981 raggiunge quattro finali di Slam consecutive, con lo score
di due vittorie e due sconfitte. La prima è a New York, dove deve
inchinarsi
di fronte alla “signora del tennis”, Chris Evert, che si impone in tre
set. A far sorridere Hana ci pensa l’erba di Kooyong, che le regala il
primo grande successo della carriera.
Agli Australian Open del 1980,
lascia per strada appena un set alla Ruzici nei quarti e distrugge
in finale la sorprendente padrona di casa, Wendy Turnbull, che in semifinale
aveva battuto la Navratilova.
Il capolavoro di Hana, però si compie
sulla terra rossa del Roland Garros, dove il suo imprevedibile
e fantasioso gioco d’attacco, avrebbe dovuto trovare un ostacolo insormontabile.
E invece la cecoslovacca disputa un torneo perfetto,
battendo in
semifinale Chris Evert e in finale la tedesca Sylvia Hanika.
La
signora Lloyd si vendicherà sulla verde erba di Wimbledon; Hana batte
in una partita incredibile la Navratilova in semifinale, ma all’atto conclusivo,
la Evert ribadisce la sua superiorità e conquista il piatto istoriato,
dopo tre finali perse consecutivamente.
Dopo questo filotto per la Mandlikova
si spegne la luce, Chris Evert e Martina Navratilova tiranneggiano
il mondo del tennis e non c’è posto per nessun’altro nella loro straordinaria
e infinita rivalità. Per due anni non vince nulla,
fino agli Us Open
del 1985. In semifinale batte la Evert e in una pazza finale, la
Navratilova. Hana si porta sul 5-0 nel primo set, si fa rimontare fino
al 5-5, annulla sette palle break nell’undicesimo gioco, ma conquista
il tie-break. Il secondo set è tutto per Martina, che lo vince per 6-1.
Ancora equilibrio nella terza frazione, almeno fino al tie-break: Hana
lo vince per 7-1 e può festeggiare il suo primo Us Open. Ma sarà ancora
una volta Wimbledon a darle una delusione.
Nel 1986 raggiunge la sua
seconda finale all’All England Club, ma la Navratilova sui prati londinesi
è imbattibile e vince in due comodi set. L’ultimo acuto della Mandlikova
sarà agli
Australian Open del 1987. A fare le spese dell’estro della
cecoslovacca è ancora una volta la Navratilova, sconfitta in finale 7-5
7-6.
Hana si è ritirata, per problemi fisici nel 1990, a soli 28 anni, ma
non ha abbandonato il tennis. Ha allenato la squadra ceca di Fed Cup e
ha realizzato il suo sogno di vincere Wimbledon per…”interposta persona”,
allenando Jana Novotna, vincitrice nel 1998.
La Mandlikova era dotata di un clamoroso talento e di una classe sopraffina,
il suo gioco era fatto di tocco e fantasia e faceva letteralmente impazzire
le sue avversarie; ma, come tutti i talenti, era fragile e imprevedibile
e poteva scendere in campo e giocare una partita perfetta, come sembrare
che non avessa mai preso una racchetta in mano. La sua fragile psiche le
ha impedito di vincere di più, ma
quattro Slam e altrettante finali
perse, dicono molto sul valore di una giocatrice che ha avuto solo l’immensa
sfortuna di imbattersi in due fenomeni, come Chris Evert e Martina
Navratilova.
Senza di loro chissà quanto avrebbe potuto vincere. Proprio la presenza
di queste due gigantesse (18 Slam a testa…) ha finito per oscurare e schiacciare
la piccola Hana,
ma il suo era il tennis più bello del mondo e non può
essere dimenticato.
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