Marco Caldara - 17 November 2018

Super Djokovic: il sesto Masters è a un passo

Bastano 75 minuti a Novak Djokovic per sbarazzarsi di Kevin Anderson, e conquistare la sua settima finale alle ATP Finals. Ne ha vinte cinque, e andrà a caccia del record contro Zverev, al quale quattro giorni fa ha lasciato appena cinque game. Da allora il tedesco è salito di livello, fino a sorprendere Federer, ma per battere questo Djokovic serve molto di più.

6-4 6-1. È il punteggio della sfida di mercoledì fra Novak Djokovic e Alexander Zverev, che a quattro giorni di distanza il 21enne tedesco sarà chiamato a provare a ribaltare, per dare un po’ di storia a un ultimo atto delle ATP Finals che sembra già deciso in partenza. È vero che lo pareva anche la finale di “Sascha” con Federer, terminata invece in maniera opposta alle previsioni del mondo intero, ma battere lo svizzero degli ultimi mesi è una cosa, battere questo Djokovic è tutt’altro. Come se ce ne fosse bisogno, Novak l’ha ricordato a tutti in una seconda semifinale lampo, facendosi bastare 75 minuti per respingere al mittente le ambizioni di Kevin Anderson, come già successo a luglio nella finale di Wimbledon, a una quindicina di chilometri in linea d’aria da North Greenwich. A Church Road c’era stato almeno un terzo set equilibrato, dopo il doppio 6-2 per “Nole”, mentre all’O2 Arena, senza best of five, è stata mattanza vera e al 6-2 6-2 è calato il sipario, dopo una partita mai in discussione dal primo all’ultimo punto. Djokovic ha aperto entrambi i set con un break, l’ha doppiato poco più tardi e ha chiuso senza nemmeno la parvenza di una difficoltà. In otto turni di risposta Anderson è arrivato due volte a 30, non riuscendo a vedere nemmeno una palla-break. Ma non è una novità: prima di lui era capitato lo stesso sia a Isner sia a Cilic, e nelle quattro partite che l’hanno portato in finale di palle-break il campione di Belgrado ne ha concesse – e salvate – appena un paio a Zverev. Vuol dire che non solo è stato perfetto in risposta, arma ormai nota, ma ha trovato anche una continuità al servizio vista raramente, che per la prima volta in carriera gli ha permesso di arrivare in finale al Masters senza cedere nemmeno un set.

POCHE CHANCE PER ZVEREV
Dall’inizio di Wimbledon, dove “Nole” ha piantato la prima bandierina della sua rinascita, il bilancio contro i top-10 parla di 14 vittorie e 0 sconfitte. Si è arreso a due top-10 nel futuro, prima Tsitsipas (Toronto) e poi Khachanov (Parigi-Bercy), ma contro i compagni di categoria ha sempre vinto e spesso dominato, obiettivo messo nel mirino anche per la finale di domani. “Ho cercato di mettergli pressione sulle seconde di servizio – ha spiegato Djokovic dopo il successo che gli ha dato la settima finale al torneo dei maestri (ne ha vinte cinque, ndr) –, ed è stato importante togliergli il servizio già all’inizio. Io sto servendo davvero bene, e penso che dal mio punto di vista sia stata la miglior partita della settimana”. Ora deve provare a chiudere in bellezza, compito che, con ancora negli occhi e nella mente i soli cinque game persi contro lo stesso avversario solo qualche giorno fa, sembra scontato. Anche se lo Zverev che ha battuto Federer è parso un giocatore diverso, più forte mentalmente e più in palla fisicamente. “Nel girone contro di lui ho giocato un buon match, ma mi aspetto un match diverso rispetto a mercoledì. Zverev è cresciuto molto e ha battuto Federer”. Un buon biglietto da visita, per il tedesco, per presentarsi alla finale più importante della sua carriera, con l’ambizione di fare lo scherzetto a “Nole” come successo nel 2017 al Foro Italico, teatro della prima vittoria del tedesco in un Masters 1000. Ma quel Djokovic era già in crisi, e qualche settimana più tardi sarebbe stato costretto a fermarsi per il problema al gomito. Questa versione, invece, sembra persino più indistruttibile di quella che in passato ha già cannibalizzato tutti i tornei più prestigiosi.

NITTO ATP FINALS - Semifinali
Novak Djokovic (SRB) b. Kevin Anderson (RSA) 6-2 6-2

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