Marco Caldara - 09 July 2018

Otto anni dopo Long John torna a gioire sui prati

A otto anni dallo storico 70-68 al 5° set contro Mahut, John Isner riesce finalmente a prendersi un'altra soddisfazione a Wimbledon. Lo statunitense supera Tsitsipas e conquista il secondo quarto Slam in carriera. "Wimbledon sembrava diventato maledetto, ma non ho mai smesso di crederci". Ha servito 135 ace in 4 match, senza perdere mai il servizio.

A meno di nuovi miracoli sportivi, il nome di John Isner resterà indissolubilmente legato al torneo di Wimbledon, per l’incredibile successo per 70-68 su Nicolas Mahut al primo turno dell’edizione 2010, durato la bellezza di 11 ore e 5 minuti spalmate su tre giorni. Eppure, in nove partecipazioni ai Championships il gigante di Greensboro non era mai andato oltre il terzo turno, confermando che l’erba di oggi non è più così amica dei grandi battitori come un tempo. I campi dell’All England Club gli avevano riservato più delusioni che gioie, ma il trend sembra essersi invertito quest’anno, perché non solo Long John è approdato alla seconda settimana, ma battendo Stefanos Tsitsipas per 6-4 7-6 7-6 si è anche regalato il secondo quarto di finale in carriera in un Major, al decimo tentativo a Church Road. Isner non andava così avanti in uno Slam addirittura dallo Us Open del 2011, sette anni fa, tantissimi per un giocatore che in carriera si è arrampicato ben tre volte fino alla top-10, l’ultima ad aprile grazie al trionfo al Masters 1000 di Miami. “Come mai non arrivavo ai quarti da così a lungo? Bella domanda”, ha detto l’americano in conferenza stampa. “Spesso non ho giocato al 100% agli ottavi di finale, e altrettanto spesso non ero il favorito. Ho affrontato tante volte giocatori più avanti di me in classifica, e ho perso, mentre stavolta sentivo di avere una bella chance. Dovevo solo cercare di seguire a dovere i miei piani”. Facile decifrare quali: servire bene, presentarsi a rete il più possibile e mantenere la calma nei momenti più delicati dell’incontro. L’ha fatto alla perfezione, tanto da chiudere col 77% di prime in campo, addirittura il 92% nell’arco del secondo set. Un messaggio per chi non apprezza il suo stile di gioco: sarà pur vero che il servizio gli regala un buon 80% dei punti, ma è un colpo come un altro e va allenato anche quello. Mettere in campo 33 prime su 36 in un set, servendo alle sue velocità, è qualcosa di stratosferico.

FEDERER COME MODELLO DI LONGEVITÀ
Inutile dire che la chiave dell’approdo di Isner fra gli ultimi otto del Major londinese è la battuta: in quattro incontri non l’ha mai persa, servendo la bellezza di 135 ace (64 solo nei cinque set al secondo turno contro Ruben Bemelmans) e salvando tutte le sei palle-break concesse, per ritrovare un po’ di soddisfazione in un torneo che pareva diventato stregato. “Da quella partita del 2010 – ha aggiunto – il mio Wimbledon sembrava una casa degli errori. Ho perso tantissimi incontri combattuti, iniziando a farmi qualche domanda, ma mi sono detto di continuare a credere che sarebbe arrivata una chance, come successo quest’anno”. Merito suo, ma anche delle condizioni di gioco, che grazie alla quasi totale assenza di pioggia sono migliori (per lui) rispetto al passato. “Mi stanno aiutando, così come stanno aiutando i giocatori dalle caratteristiche simili a me, come Raonic o Anderson. I campi sono piuttosto duri, per certi versi è quasi come giocare sul cemento, la palla rimbalza abbastanza e le condizioni non mi sembrano così veloci. In passato sull’erba ho spesso fatto fatica perché mi pareva di non avere tempo per organizzare il gioco, mentre quest’anno è diverso. Spero che il clima rimanga così secco, per vedere cosa posso combinare”. Sono le stesse condizioni che si augura di trovare anche il suo prossimo sfidante Milos Raonic, avversario mercoledì in un incontro che promette una valanga di ace e servizi vincenti, e ben pochi scambi. Sarà favorito il canadese, più abituato a ottenere grandi risultati sui prati, ma si giocherà su pochissimi punti. Uno scenario che apre una possibilità per Isner, che dopo essere diventato a Miami il più anziano a vincere il suo primo Masters 1000 (a 32 anni e 11 mesi) prova a diventare anche uno dei più vecchi a raggiungere la prima semifinale in un Major. Il suo modello? Mister longevità, Roger Federer. Di solito lo vede in tv, perché è l’unico che guarda volentieri, mentre stavolta si augura di vederlo dal vivo. Venerdì. Dall’altra parte della rete sul Centre Court.

© RIPRODUZIONE RISERVATA