Riccardo Bisti - 13 February 2018

Il personaggio che ci mancava si chiama Deborah

Alla scoperta della ragazza che ci ha regalato il punto decisivo in Fed Cup: oltre a essere un (bel) progetto di tennista, Deborah Chiesa possiede un naturale senso del palcoscenico. Era dai tempi di Flavia Pennetta che l'Italia non abbracciava una ragazza con così grande personalità. Adesso arriva il difficile: gestire pressioni e distrazioni.

Una vittoria su Lara Arruabarrena non può definire la qualità di una giocatrice. Nel caso di Deborah Chiesa, tuttavia, può rappresentare un punto di svolta. Domenica sera, quando l'ultimo dritto della basca è finito in mezzo alla rete, è scattato un click. Deborah non sarà più “uno dei ricambi” del tennis femminile italiano. È la nuova (potenziale) stellina. La parola tra parentesi è necessaria, giacché stiamo parlando di una ragazza di 21 anni e mezzo, ancora numero 178 WTA, classifica insufficiente per giocare le qualificazioni a Budapest. Fare paragoni è antipatico e non vogliamo cadere nel tranello, ma è la stessa Deborah a ricordare di essere cresciuta con Jelena Ostapenko e Katerina Siniakova. Inevitabile ricordare che le stanno davanti. Ma è altrettanto importante sottolineare che l'asserzione “potenziale stellina” è lusinghiera per la ragazza di Trento e residente a Nago Torbole, sulle rive del Lago di Garda. Tutti hanno visto la personalità che ha scaricato a Chieti, a partire da un servizio notevole e un rovescio che può giocare a occhi chiusi. Meno persone conoscono la sua storia, la sua personalità. Ed è qui che nasce la convinzione: Deborah può diventare un bel personaggio. L'ho conosciuta a maggio, giorno della Festa della Mamma, poco prima che esordisse agli Internazionali BNL d'Italia contro Lesia Tsurenko (partita poi persa con qualche recriminazione dopo essere stata avanti 4-1 e poi 5-3 nel primo set, con tanto di setpoint a favore). Ho scoperto una personalità interessante. Il linguaggio del corpo non tradisce: Deborah ama raccontare e raccontarsi. Nel bel praticello fuori dalla players lounge, nel divanetto accanto al nostro c'era Garbine Muguruza. Completamente sola, fresca di taglio di capelli, addentava un piatto di pasta. Ci fosse stato un UFO sbarcato sulla terra, avrebbe giurato che la stellina era la biondissima Deborah e non la spagnola.

PERSONALITÀ FUORI E DENTRO IL CAMPO
​Negli oltre 20 minuti di chiacchierata, Deborah è rimasta con le gambe accavallate e gesticolava spesso con le mani, come se fosse a un talk show. Le piaceva ascoltare le domande, le piaceva ancora di più rispondere. Ha un naturale senso del palcoscenico, non la vedrete mai a disagio davanti a una telecamera. Era da tanto che l'Italia non aveva un personaggio così fresco, frizzante, capace di bucare lo schermo. L'ultima è stata Flavia Pennetta, mentre Roberta Vinci ha imparato più tardi a destreggiarsi in certe situazioni. Nessuno vuole azzardare paragoni che farebbero soltanto il male di “Debby”, però c'era bisogno di un personaggio così. Sia pure con infiniti pregi, nessuna delle nostre migliori giocatrici aveva qualità come quelle che abbiamo trovato in Deborah. Ed è importante che certe cose le abbia trasferite sul campo da tennis, come quando ha sparato due ace nel tie-break decisivo contro la Arruabarrena,: il primo sul 5-5, il secondo sul 7-7, peraltro dopo aver annullato un matchpoint con coraggio. Per fare certe cose ci vuole personalità. Il sottoscritto l'aveva percepita in quell'intervista, Tathiana Garbin l'ha ribadito indirettamente quando le ha detto, durante alcuni cambi di campo. “Vuoi essere ricordata come una leonessa?”. In quel giorno di maggio, la Chiesa mi ha raccontato talmente tante cose da non poterle inserire tutte in un articolo. Tra queste, la differenza nello stile di vita fra il Trentino e il Lazio. L'ha avvertito subito, dai negozi aperti fino a tardi fino alla possibilità di farsi una passeggiata serale, cose che a Trento (dove è nata) e a Rovereto (dove si è allenata) non poteva fare, non solo per ragioni climatiche. Si è adattata, così come ha la capacità di raccontare aneddoti curiosi. Per esempio, il modo in cui è nata la collaborazione con i fratelli Francesco e Alessandro Piccari. Sul finire del 2016, sapeva che la sua esperienza a Rovereto con Andrea e Luca Stoppini stava per terminare. Si trovava al torneo ITF di Solarino e, parlando al telefono con mamma, si è sentita dire: “Scopri chi sono gli allenatori disponibili, non devi tornare a casa senza aver ottenuto almeno qualche informazione”. Vincendo la timidezza, Deborah ha trovato quello che cercava. Poche settimane dopo era ad Anzio, con Karin Knapp, Alice Matteucci e a volte anche Daniela Hantuchova. Lì è iniziato un progetto tecnico che le ha fatto scalare 300 posizioni nel 2017 e ha restituito una giocatrice più matura e “pronta” anche sul piano atletico. Ha perso un po' di peso (circa 8 kg, si sussurra) e oggi si muove meglio, peraltro senza aver perso l'esplosività che le ha fatto vincere tante partite.

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