Sara perde, ma ritrova il colpo più importante
Sarà pure una frase fatta, ma ci sono sconfitte e sconfitte. Al secondo turno dell'ASB Classic di Auckland ci va Barbora Strycova (n.23 WTA), ma Sara Errani – smaltita la delusione – può lasciare la Nuova Zelanda con buone sensazioni. Ha onorato al meglio la wild card offerta dagli organizzatori dopo il forfait di Victoria Azarenka, mostrando sprazzi della Sarita che fu. Difficilmente la rivedremo scalare le vette toccate nel biennio 2012-2013, ma nel tennis che conta può esserci ancora spazio per lei. Lo ha mostrato nel 6-4 6-7 6-4 che ha premiato la Strycova, al terzo successo consecutivo negli scontri diretti. Dopo i tormenti emotivi del 2017, questo match rappresentava un test interessante. La Errani lo ha superato laddove era più importante: nello spirito, nella mentalità, nella voglia di vincere. Pur cancellando le performance dal 18 aprile in poi (quando l'hanno informata della positività e ha giocato con una pesante zavorra psicologica), già nei primi mesi del 2017 aveva evidenziato un calo sul piano agonistico, ancor prima che tecnico. La scelta di tornare in Italia, con lo storico coach Michele Montalbini, non ha pagato. Era come se Sara sentisse improvvisamente le fatiche di tanti anni di battaglie, che avesse perso il mordente che l'ha portata a ottenere risultati impensabili. La faccenda-letrozolo, paradossalmente, le ha restituito motivazione e cattiveria. L'aveva già evidenziata negli ultimi tornei dell'anno, lo ha confermato in Nuova Zelanda. Nelle tre ore contro la Strycova, sotto un sole cocente, abbiamo visto la Errani che conosciamo: grinta, tigna, voglia di dire “Vamos” dopo un bel punto. Tutto sommato, anche una buona qualità. Al netto dei precedenti (che vedevano la romagnola avanti 7-3), la Strycova è avversaria ostica. Vuoi perché arriva dalla miglior stagione in carriera, vuoi perché era al primo match con David Kotyza in panchina. La presenza dell'ex coach di Kvitova e Pliskova, dopo i fatti degli ultimi mesi, rappresenta un'enorme fonte di motivazione per la ceca. Non voleva perdere questa partita, per nessuna ragione.