dalla nostra inviata a Londra Roberta Lamagni – foto Ray GiubiloIl difficile abbiamo imparato a farlo, per l’impossibile ci stiamo attrezzando

dalla nostra inviata a Londra Roberta Lamagni – foto Ray Giubilo

Il difficile abbiamo imparato a farlo, per l’impossibile ci stiamo attrezzando. Si potrebbe commentare così l’atteggiamento dell’Italia – versione maschile – nell’edizione 2008 dei Championships. La quarta giornata di gara, dalle sembianze di un pit-stop per la corsa degli azzurri, regala brividi ed emozioni da incidente in pista. Il merito è tutto di Stefano Galvani, 31enne padovano numero 201 Atp, che ha “osato” sfidare Mikhail Youzhny in una maratona di 5 set e 3 ore e 21 minuti. Il campo numero 2, quello che da queste parti chiamano il cimitero dei campioni, ha tentato di sotterrare l’ennesimo. Nervoso, come suo solito, molto incostante, il russo ha quasi sorpreso il nostro con un inizio sottotono (4-6), ha poi alzato il livello ma senza dimostrare la superiorità tecnica che la classifica esigerebbe (Youzhny occupa la 17esima posizione mondiale). Il gioco basso e teso dell’italiano ha concesso poco spazio alle accelerazioni avversarie, ma sul risultato finale, 4-6 6-4 6-3 3-6 6-3 è stato il servizio a fare la differenza. “Lui ha servito bene nei momenti importanti, mentre io ho avuto una bassa percentuale di prime”, ha ammesso Galvani. Dopo il terzo secondo turno in carriera qui a Londra, l’erba diventa inequivocabilmente la sua superficie preferita. Si dedicherà ora ai Challenger, su terra, della riviera romagnola, sperando di racimolare i punti necessari ad ammetterlo nei prossimi tabelloni Slam.

Tutt’altra storia invece per le ragazze. Per la prima volta dopo anni, tanti anni, ci ritroviamo ad applaudire i maschietti e versare lacrime per le femminucce in una prova del Grande Slam.
Mara Santangelo non partiva certo favorita contro Nadia Petrova, reduce dalla finale, la settimana precedente, a Eastbourne. Due soli break concedono alla russa il lasciapassare al terzo turno. Cede 6-4 7-5: sperare in una vittoria sarebbe stato eccessivo, ma Mara ha mostrato lampi di Santangelo vera, quella preinfortunio. Confidiamo in un suo pronto e pieno recupero.
Forte delusione invece per Flavia Pennetta. Ancora una volta, come già accaduto a Parigi, si ritrova il tabellone più favorevole degli italiani; l’occasione le passa accanto, lei la osserva avvicinarsi e la lascia sfuggire. Contro Ai Sugiyama è colpevole di falsa partenza: subito sotto 5-2, senza capire perché. Quando si mette in moto è tardi. Recupera lo svantaggio sino al 6-6, ma manca l’affondo finale. Per reazione non concede che due giochi nel secondo set e tutti si aspetterebbero lo stesso piglio e cattiveria anche nella frazione finale. Solo supposizioni però, la giapponese sale in cattedra e la brindisina si scioglie, quasi senza lottare, nervosa, fallosa. Una vittoria l’avrebbe messa di fronte ad Alisa Kleybanova, che in serata aveva eliminato la controfigura della Hantuchova. Ma i giochi sono fatti e il tabellone femminile non è più cosa nostra.

E anche Wimbledon piange, in questo giovedì nero per il gentil sesso. Il motivo è l’eliminazione di Maria Sharapova. Il rischio di perdere una stella era già stato altissimo il giorno precedente, quando Ana Ivanovic aveva salvato due match point, uno dei quali colpendo un nastro benevolo, uscendo dall’impiccio con un 10-8 al terzo set. Con Masha invece la sorte non ha avuto nemmeno modo di essere interpellata. L’avversaria, la russa Kudryavtseva, stessa età, nazionalità e residenza, rispettivamente 21 anni, Russia e Stati Uniti, le è stata superiore. Ha spinto con il servizio e messo pressione da fondocampo. Con il punteggio di 6-2 6-4 ha risolto l’incontro, quasi fosse un banale turno di qualificazioni.

Il campo 1, secondo per importanza solo al centrale, oggi si colora di azzurro. Dei tre incontri in programma il primo ospiterà il match-rivincita (speriamo noi) Bolelli-Hewitt, il terzo l’inedito Seppi-Safin. Comunque vada, sarà spettacolo.