“Sono sorpreso dal fatto di voler rispolverare un vecchio dinosauro come me”, le prime parole di Quirino Cipolla prima di riportare alla memoria una vita piena di aneddoti spassosi in cui sport e arte vanno di pari passo. Prima tennista (ma anche giocatore in Serie A di calcio a 5), poi coach di Flavio (ex nr. 70 al mondo) e infine scultore affermato con una parola d’ordine in comune: creatività. “La mia è una storia atipica, sono stato un autodidatta e ho ottenuto buoni risultati nelle categorie giovanili che erano strutturate in modo diverso rispetto alle attuali. Era difficilissimo battere giocatori di categoria superiore e ricordo che, quando ero in seconda, cambiai completamente l’impugnatura passando dalla mia aperta all’emulare quella continental di Panatta: avevo perso completamente il dritto ma sviluppai un tipo di gioco tutto mio, con colpi di tocco e a rete di livello, back, attacchi col pallonetto chiusi con stop volley”. In alcuni casi, tuttavia, poteva non bastare contro avversari di livello e per questo motivo Quirino ha dovuto letteralmente inventarsi alcune soluzioni per spuntarla. “Giocavo la Coppa Croce al Tennis Eur contro Bussinello, ero sotto 5-0 e non sapevo più che fare. A un certo punto ho fatto finta di essere drogato: vagavo per il campo, sbattevo contro i lampioni e tiravo lob sui quali lui si distraeva. Il pubblico mormorava, al cambio campo mi dicevo “sono uno stupido, non farò mai più certe cose prima di una partita”. Ma quando c’era da correre, correvo. Il mio avversario si avvicinò a rete, mi guardò male. Non disse niente ma io sì: “Hai capito bene, ma adesso siamo 5-3”. Inutile dire che poi ho vinto quella partita”.
Non c’è tempo di lasciarsi andare a una risata che Quirino rincara la dose: “Ti racconto questa del trombone”. Cambia la location, siamo al bellissimo circolo di Gaeta in un torneo internazionale giovanile a inviti. Cipolla affrontava Gigi Costa che passava col rovescio con facilità disarmante e anche qui le cose si misero male: 6-4 5-1. “Ci chiesero di sospendere la partita, c’era la banda che doveva suonare per l’inaugurazione del torneo e doveva schierarsi sui tre campi in batteria: gli altri due accettarono ma io no, volevo giocarmi le mie chance nel caos. E così decisi di prendere la rete ogni volta che attaccava il trombone, lo strumento col suono più disturbante”. Morale della favola: 6-0 al terzo.
Nel frattempo Quirino riesce a compiere il balzo in prima categoria e incrocia la racchetta con Enzo Naso: “Aveva un grande talento. Prima di giocarci contro, un ragazzino gli chiese un autografo e i suoi colpi migliori e peggiori. Era assolutamente favorito contro di me. Entrato in campo attuai tutto ciò che avevo ascoltato, vinsi al tie-break e lui spaccò le sue Slazenger, gli domandai: ‘Posso prenderne una per ricordo?’… Ma la cosa curiosa è che poi abbiamo avuto dei figli (Enzo è il papà di Gianluca Naso) e vinceva sempre Flavio, mi diceva di rivivere una seconda volta quell’incubo!”.