Il prize money da record annunciato dagli organizzatori degli US Open qualche settimana fa aveva fatto il giro del mondo, ma a conti fatti è un modello che in parte si ‘auto-finanzia’

Foto Ray Giubilo

Qualche settimana fa è stato reso noto il prize money ufficiale degli US Open 2025: 90 milioni dollari in totale, e 5 milioni per i vincitori del singolare maschile e femminile. Si tratta di una cifra record per i tornei dello Slam, e solamente in parte va nella direzione richiesta dai giocatori di aumentare i ricavi derivanti dalla partecipazione ai tornei. C’è però una elementare equazione, che afferma che l’aumento del prize money e dei ricavi per i giocatori deve essere direttamente proporzionale all’aumentare degli utili che il torneo incassa durante lo svolgimento dello stesso. Ed è per questo che, a conti fatti, il prize money da record si spiega – in parte – con quelle misure che spesso sono criticati dai giocatori stessi.

Partendo dal tanto discusso torneo di doppio misto, che per la prima volta da quest’anno a New York è stato inserito all’interno della fan week in concomitanza con le qualificazioni. L’Arthur Ashe ha fatto registrare nelle due giornate, 19 e 20 agosto, 20.000 biglietti in più venduti e un totale di quasi 240.000 spettatori durante tutta la settimana che ha preceduto l’inizio del torneo. Inizio che, così come ormai usanza al Roland Garros e Australian Open, è stato anticipato alla domenica e i primi turni spalmati così su tre giorni. Una decisione che non sempre è stata vista di buon occhio da parte dei giocatori – “Odio l’inizio di domenica. I tornei non iniziano di domenica. Finiscono di domenica”, ha dichiarato Jordan Thompson – ma che ha inevitabilmente il rovescio della medaglia. Una giornata in più di torneo vuol dire una giornata in più di biglietti venduti, oltre che garantire a tutti una maggiore possibilità di partecipare per chi magari non può nelle restanti giornate. Insomma, la richiesta dei giocatori di avere maggiori ricavi si scontra inevitabilmente con alcune misure che loro stessi finiscono per criticare.

Infine, elemento che deve essere considerato, i costi decisamente elevati che si possono riscontrare girando per i banchetti all’interno dell’impianto. Qualche esempio? Tre bocconcini di pollo e delle patatine fritte di una delle catene più famose di New York costano 25 dollari, un Flat Wine si aggira su poco meno di dieci dollari. Si può dunque parlare di un modello che in un certo qual modo si ‘auto-finanzia’, modello che passa inevitabilmente dalla sempre maggiore estensione dell’esperienza dei tornei dello Slam, per cercare di venire incontro a tutte le parti in causa senza che nessuna di queste sia realmente scontenta.