Un incontro calcistico/tennistico con Flavio di fronte alla sua Roma, prima dell’esordio al Roland Garros

Foto di Ray Giubilo

PARIGI – Un incontro casuale, anzi no. A guardare ieri sera la partita della Roma sui maxischermi del pub “The Long Hop”, a due passi da Boulevard St. Germain, c’era anche Flavio Cobolli, reduce dal trionfo di Amburgo. Il pub, sede del “Roma Club Parigi”, è il punto di riferimento del tifo romanista nella capitale francese, e ieri ribolliva di entusiasmo, cori e Hamburger, anche se non c’era l’enorme folla che aveva invaso rue Sauton in occasione delle finali europee contro il Feyenoord e il Siviglia. Mischiato tra i tifosi, in compagnia di papà Stefano, c’era Flavio, che abbiamo incrociato nell’intervallo di Torino-Roma. I complimenti obbligatori per il grande torneo vinto in Germania («sì, sono stato proprio bravo») poi un anticipo della sfida di domani al croato Cilic, un vincitore di Slam – costretto alle qualificazioni al Roland Garros – che a 36 anni tenta un difficile rientro nel tennis che conta (attualmente è numero 106 del mondo) dopo i problemi degli ultimi anni al ginocchio, con relativa operazione. «Dovrò correre parecchio», ha detto Flavio, salito al 26º posto del ranking. Cobolli ha vinto l’unico precedente (6-4 6-3 sulla terra di Umago nel 2023) e a Parigi ha giocato spesso bene. Un anno fa disputò in secondo turno una splendida partita contro Rune, persa solo 7-6 al quinto set.

Dalle nostre parti definiremmo Flavio un romanista “fracico”, uno che il giorno del ritorno di Ranieri a Roma, dopo l’infausta parentesi di Juric, era tra i tifosi arrivati a Fiumicino ad attenderlo. E poi, cinque anni fa, quando trionfò proprio al Roland Garros nel doppio – giocava in coppia con lo svizzero Stricker – festeggiò in campo sfoggiando una sciarpa inneggiante alla Roma. Senza dimenticare, naturalmente, che Cobolli (classe 2002) nella Roma ci ha pure giocato fino ai 13 anni, in squadra con il suo grande amico Edoardo Bove, sperando di emulare l’idolo Daniele De Rossi. Flavio era un buon terzino che Bruno Conti, supervisore delle giovanili giallorosse, tentò invano di trattenere a Trigoria.

«Comincia il secondo tempo, raggiungo gli amici», ci ha detto. La serata è andata come già saprete, il solito frullatore di emozioni e di speranze poi deluse, di cori e sfottò. Alla fine, ci facciamo bastare il quinto posto, che un anno fa valeva la Champions. Tutto molto romanista, ma questo è un altro discorso, con il tennis non c’entra.