Visto che c’è il rischio di non vederlo fino al Roland Garros, riviviamo i tre mesi magici di Federer con una carrellata delle immagini più belle e più significative, firmate Getty Images. Da Melbourne fino a Miami, passando per Indian Wells e anche Dubai. Un viaggio di colori, emozioni e gesti tecnici che sembrano inscenati apposta per gli obiettivi. E invece…Il poster dell’Australian Open. L’ultimo dritto accarezza la riga, Nadal chiama occhio di falco, attimi di suspance e poi il verdetto che Roger aspettava da Wimbledon 2012: la palla è fuori, lo Slam numero 18 è suo. Nemmeno al primo Wimbledon, o all’unico Roland Garros, si è vista nei suoi occhi un’emozione simile.
Il titolo al rientro, in mezzo a un sacco di incognite. La vittoria in finale contro Nadal, la rimonta da 1-3 al quinto set, un nuovo capitolo felice al romanzo della loro rivalità, che sembrava estinta da qualche tempo, invece è tornata più attuale che mai. Tre scontri nel 2017, tre vittorie di Federer. Non sembra vero.
Il più forte di sempre? Difficile dirlo. E soprattutto non così importante. Ma il più amato sì: il tris di titoli di questo avvio di 2017 ha fatto esplodere di nuovo tutto l’amore degli appassionati nei suoi confronti. Ci si augura addirittura che possa giocare per sempre. Non sarà così, ma a volte è bello crederci.
Il rovescio, il colpo simbolo della rinascita. Sarà merito di Ljubicic, di Luthi, del lavoro con Paganini, di un approccio diverso, ma soprattutto è merito di Roger. Perché quando ti chiami Federer, hai vinto tutto e potresti startene comodo sul divano, dimenticare lo slice e cambiare gioco è sinonimo di cervello. Tanto.
Dubai, la sua Dubai. L’unico passo falso in mezzo a diciannove vittorie. Una sconfitta – contro Evgeny Donskoy – talmente illogica da trovare una sua logica: ha fatto riaffiorare alcuni dubbi che il successo a Melbourne aveva cancellato, così che la doppietta Indian Wells-Miami potesse eliminarli un’altra volta.
Il Federer del 2017 è diventato l’ombra di sé stesso, ma al contrario. Di solito l’espressione si usa con accezione negativa, mentre in questo caso è l’opposto. Tutto ciò che gli riusciva meno bene, ora gli riesce meglio, dal rovescio al killer instinct. Il tutto a quasi 36 anni, dopo sei mesi di stop nella scorsa stagione.
Si era capito che quello di Melbourne non sarebbe rimasto un caso isolato, ma serviva una conferma. E Federer se l’è regalata alla prima vera occasione, guardando cadere Murray e Djokovic, battendo Nadal e Wawrinka, e gridando al mondo che è tornato sul serio. E può porsi obiettivi che aveva quasi dimenticato.
È vero, il rovescio gli sta dando una grandissima mano. Ma alle spalle c’è anche una condizione atletica forse addirittura migliore rispetto a quando aveva 25 anni. E se prima arrivava quasi da sé, oggi per trovarla serve cercarla e faticare. Tantissimo. Avrà talento, classe, facilità. Ma è anche un gran lavoratore.
Provate a chiedere ai fotografi che girano il mondo insieme ai giocatori quale sia il loro preferito da fotografare. La risposta sarà univoca: Federer. Talmente pulito, talmente preciso, talmente bello esteticamente, da rendere tutto più facile. Basta scattare: a regalare foto magiche ci pensa la sua classe.
Negli Stati Uniti la doppietta Miami-Indian Wells la chiamano “sunshine double”, ma per ciò che ha combinato Federer sarebbe riduttivo. Non ha vinto solo i primi due Masters 1000 dell’anno, ma li ha aggiunti all’Australian Open. Un “triple” che gli era riuscito solo nel suo magico 2006. Che sia un indizio?