La crescita di Tim è meno lineare. La sua classifica lascia trapelare, anno dopo anno, un percorso con frequenti stop-and-go. Numero 1299 a fine 2017, sale a quota 412 l’anno successivo e 291 nel 2019. Quando si acuiscono i problemi fisici, dei quali dirò più avanti, scivola a quota 344. Ritorna tra i primi 300 nella scorsa stagione, che chiude da numero 261. È 205 il 6 giugno 2022, il lunedì della settimana che cambia la sua vita, almeno professionale. Va così. Gli organizzatori del torneo sull’erba di s-Hertogenbosch, a un’ora di macchina dalla sua città, Roosendaal, gli hanno garantito una wild card. Al primo turno trova l’australiano Matthew Ebden, ottimo doppista classe 1987 (vincerà dopo poche settimane il titolo dei Championships in coppia con il connazionale Max Purcell) e numero 39 ATP in singolare nel 2018: lo elimina con un doppio 7-6. Poi manda fuori tabellone, in sequenza, l’americano Taylor Fritz, testa di serie numero 3 (6-7 7-5 6-4), il francese Hugo Gaston (7-6 6-4) e il canadese Felix Auger-Aliassime, testa di serie numero 2 (6-3 1-6 7-6). In finale, il 12 giugno, annichilisce il russo Daniil Medvedev, allora numero 2 ATP, lasciandogli cinque game: 6-4 6-1. È l’evento che nessuno s’aspetta, più improbabile di un temporale a Roma nell’attuale brutale estate o, per restare nel nostro mondo, di una partita di Nick Kyrgios senza un tweener. L’effetto secondario è un’altra wild card, stavolta per Wimbledon, dove Tim continua a stupire. Battendo nell’ordine l’argentino Federico Delbonis (7-6 6-1 6-2), l’americano Reilly Opelka (6-4 6-7 7-6 7-6) e il georgiano Nikoloz Basilashvili (6-4 6-3 6-4), si garantisce il quarto turno contro Novak Djokovic nella Centre Court. Il ragazzo, che qualcuno paragona al mitico “olandese volante” Tom Okker, non sfigura e porta a casa un set prima di cedere per 2-6 6-4 1-6 2-6.