Questi elementi che possono apparire fantascientifici erano già noti negli anni ‘80. Il progetto dei telai della serie “Resonantz” a firma del padre delle racchette “profile”, Siegfrid “Siggy” Kuebler, ebbe origine dal concetto di massimizzazione della potenza dell’attrezzo per mezzo dell’incremento della rigidezza dinamica del fusto, che veniva progettato per vibrare a 200-250hz. Parlando di rigidezze, di flessione e feeling all’impatto, un altro elemento da considerare è il punto o i punti di flessione, detti “flexpoint”, che condizionano come la rigidezza si articola nei vari segmenti del telaio.
Il valore dichiarato dalle case, misurato secondo lo standard stabilito dal Babolat RDC (prima macchina diagnostica mai messa in produzione facendo flettere la racchetta su di un perno posto a 32,5 cm dalla testa), non prende in considerazione come flette il telaio nelle nostre mani, ovvero non ci dice dove flette, ma esclusivamente il valore di flessione sulla parte medio-alta degli steli. La differenza potrebbe sembrare sottile ma in realtà questo elemento può cambiare completamente la risposta del telaio sul campo da tennis.
E’ possibile infatti che due racchette con il medesimo valore di rigidezza statica (RA) abbiano in campo una risposta differente a causa di una differente distribuzione dei punti di flessione ed è questo il motivo per cui, racchette con il medesimo piatto corde, il medesimo schema di incordatura, drilling, peso, bilanciamento, inerzia e rigidezza statica, contro ogni aspettativa possono giocare in maniera differente e restituire un feeling diverso. Il posizionamento dei flexpoint lungo il fusto modifica dunque la sensazione di giocabilità in campo dando un sapore unico alla racchetta.
La distribuzione delle rigidezze flessionali può essere determinata da vari elementi quali la rigidezza e natura del materiale utilizzato, la distribuzione dei compositi lungo lo sviluppo, la foggia delle sezioni e le caratteristiche geometriche delle varie parti, ma anche il posizionamento e la tipologia dei rinforzi (kevlar-carbonio-fibra di vetro) come pure la presenza di elementi antivibranti o il riempimento con materiali polimerici o poliuretanici espansivi, dato che questi possono modificare come il telaio flette e come le vibrazioni attraversano la struttura.
Ne consegue una spiegazione logica a fenomeni apparentemente incomprensibili. Questione di feeling dunque, ma non solo!