“Non siamo i nuovi Agassi, Sampras e Courier, e sapete che c’è? Non me ne può fregar di meno”. Reilly Opelka, l’uomo che ha definito pessimi i giornalisti che seguono il circuito ATP, insieme al suo servizio bomba e ai centimetri (211, è il più alto del Tour) ha coltivato anche la capacità – rara fra i colleghi – di non dare mai risposte banali, nel bene e nel male. Quella relativa a tre degli statunitensi più forti di sempre risale al mese scorso ed è verissima, perché i migliori giocatori di oggi non hanno nulla a che vedere con i giganti del passato, e sintetizza il momento non troppo felice del tennis a stelle e strisce, prossimo al confronto di venerdì con l’Italia nella prima giornata torinese delle Davis Cup Finals. Qualcosa si muove anche negli States, visto che hanno riportato dieci giocatori fra i primi 70 del mondo e tre di questi sono under-22 e lasciano ben sperare, ma se fino a qualche tempo fa sul veloce indoor non ci sarebbe stata storia (vedi la sconfitta del 2019 a Madrid), oggi il pronostico è aperto. L’Italia sarebbe stata favorita con Matteo Berrettini, invece il neo capitano Filippo Volandri ha dovuto ridimensionare certe ambizioni: con Jannik Sinner, Lorenzo Sonego, Fabio Fognini, Lorenzo Musetti e Simone Bolelli per il doppio ha comunque fra le mani un quintetto col quale è lecito puntare in alto, ma il duello con gli States è già di quelli da maneggiare con estrema cura. Anche perché con la nuova formula della Davis – due singolari e un doppio, al meglio dei tre set – basta un amen per trovarsi spalle al muro, e di margine per rimediare ce n’è poco.
Anche gli statunitensi hanno dovuto fare un cambio dell’ultimo minuto, trovandosi costretti a rinunciare al loro numero uno, quel Taylor Fritz che fra ottobre e novembre aveva fatto fuori prima Berrettini, poi Sinner e quindi Sonego, ossia i migliori tre azzurri nella classifica ATP. Il californiano non è infortunato, visto che ha giocato regolarmente nel World Team Tennis (un campionato a squadre americano, dal forte sapore di esibizione), ma a Torino è stato rimpiazzato da Frances Tiafoe, premiato per il buon finale di stagione. Per l’Italia non è detto che sia un vantaggio, visto che di recente a Vienna il 23enne della Sierra Leone ha mostrato di sapere non solo come battere Sinner, ma anche di avere le armi – lecite o meno – per innervosirlo come mai riuscito a nessuno fino a lì. Una mossa tattica di capitan Fish? Può darsi, anche se da numero 38 del mondo Tiafoe risulta la terza pedina del team, alle spalle sia di John Isner (24) sia di Reilly Opelka (26), quindi è praticamente impossibile vederlo in campo nel ruolo di numero uno contro Jannik. Volendo, l’unica opzione sarebbe quella (per niente elegante) di escluderlo dalle scelte della vigilia, per poi sostituirlo col numero uno Isner appena prima della sfida con Jannik, a causa di un presunto problema del gigante di Greensboro. Forse è un po’ troppo, ma certe tattiche non sarebbero nuove.