L’intervista a Jasmine Paolini, estratta dal numero di novembre 2021 de IL Tennis Italiano

INTERVISTA ESTRATTA DAL NUMERO DI NOVEMBRE 2021 DE IL TENNIS ITALIANO

Consapevolezza, maturità e fiducia. Questa la ricetta che ha consentito a Jasmine Paolini, dopo quattro anni a oscillare tra numero 90 e 150 del mondo, di spiccare il volo nel circuito (e nel ranking) Wta. Primo titolo in carriera a Portorose, terzo turno a Indian Wells battendo Elise Mertens e una serie di prestazioni di livello assoluto. “Il match della svolta? Credo che questi risultati siano la conseguenza del lavoro svolto negli anni e, in particolare, in questi ultimi mesi. Se devo scegliere una partita, però, cito la sconfitta contro Victoria Azarenka a New York; ho perso, ma ho disputato un grande match, divertendomi come non mai, contro un’avversaria fortissima”. Numero 2 d’Italia, ormai a un passo dalla Top-50, Jasmine Paolini è oggi una certezza del tennis azzurro, pronta a lavorare per migliorarsi e crescere ancora.

US Open, campo Louis Armstrong, sei sotto 6-3 4-2 contro Azarenka…

“È successo qualcosa di speciale: non avevo mai giocato in uno stadio così grande, con tutto quel pubblico; gli statunitensi sono incredibili, c’era addirittura una signora nelle prime file che tifava per me. Applaudono, tifano, creano un’atmosfera stupenda. Ho iniziato a giocare sempre meglio sino a portare un’ex numero 1 al mondo al tiebreak del secondo set. Ho perso, ma è stato probabilmente il mio miglior match in assoluto. Devo dire, però, che stavo giocando bene già dal torneo di Cincinnati, dove avevo battuto nelle qualificazioni Sevastova e Vekic”.

New York è stato il prologo di Portorose, tuo primo titolo Wta.

“Una vittoria giunta su una superficie che non aveva mai considerato ‘amica’. Sin da agosto ho iniziato a sentirmi a mio agio, finalmente, sul cemento outdoor; in Slovenia sono cresciuta match dopo match, disputando un torneo pazzesco e sconfiggendo ottime giocatrici come Cirstea, Putintseva e Riske. A Portorose sono stata in grado, come mai mi era accaduto, di leggere e capire le partite; intuivo il problema e trovavo le giuste soluzioni. È l’aspetto che mi ha dato maggiore soddisfazione”.

A Indian Wells è giunta la grande rimonta contro Elise Mertens.

“Una vittoria che mi ha dato grande soddisfazione, anche se mi è dispiaciuto non rendere al meglio contro Jessica Pegula al turno successivo. Lei è stata brava, ma io potevo e dovevo fare di più”.

Quanto hanno influito il lavoro e l’esperienza di coach Renzo Furlan?

“Tantissimo. Proprio nel torneo di Portorose, ad esempio, durante la finale contro Alison Riske è stato fondamentale. È bastata la sua frase ‘non farci a pallate’ a farmi tornare lucidità e carica. Ho cominciato a variare e da quel momento non c’è stato più match. Renzo, oltre a essere un ottimo allenatore, ha il pregio di essere una grande persona, seria e professionale come pochi. Quando sono in campo con lui è sempre concentrato, mai assente. Ormai ci conosciamo da tanti anni e sa come gestirmi sia in campo che fuori. Può sembrare un dettaglio ma non lo è”.

Non è un caso che in questo 2021 Furlan ti abbia seguito molto di più nei tornei.

“All’inizio di questa stagione ho chiesto a Renzo di partire insieme a me per un numero maggiore di settimane. È sicuramente una delle ragioni del mio salto di qualità: averlo sempre al mio fianco mi dà sicurezza e fiducia”.

Non è banale aver scelto di rimanere con lo stesso allenatore nonostante la classifica, in questi ultimi anni, non fosse migliorata moltissimo.

“Ho sempre creduto nel lavoro che abbiamo portato avanti. Una delle ragioni del mio salto di qualità è dovuta all’ingresso nel team del video analyst Danilo Pizzorno, grande professionista a cui ci siamo affidati. Un valore aggiunto che, insieme al mio preparatore fisico Michelangelo Manganello, completa uno staff a mio avviso di altissimo livello”.

In cosa, in particolare, è stato importante Pizzorno?
“In tanti piccoli fondamentali aspetti come, ad esempio, una diversa e anticipata apertura sul dritto. Per un tennista i cambiamenti tecnici sono spesso traumatici, perché andare a toccare colpi che si ritiene già buoni non è facile. Noi giocatrici siamo solitamente abbastanza ostinati… Affidarsi a Danilo è stata la miglior scelta possibile”.

In cosa senti di essere realmente migliorata e dove invece si deve ancora intervenire?

“Ho fatto un bel salto dal punto di vista mentale, entro in campo più sicura e convinta dei miei mezzi. Adesso però devo migliorare il servizio, non serve la video analisi per capirlo… (ride)”.

La sensazione è che sino a pochi mesi fa, contro le big, non avessi realmente chance. Oggi invece entri in campo con un’altra consapevolezza.

“Si, è così. Ho più fiducia nel mio tennis, so di potermela giocare con tutte. Fino a pochi mesi fa, contro alcune giocatrici, non mi davo grandi opportunità”.

Quando si vive un momento molto positivo è sempre utile e interessante fare un salto indietro nel tempo. Qual è stato il momento più difficile di questi anni?
“Non riuscire a qualificarmi per gli Slam mi ha fatto stare davvero male. Finalmente al Roland Garros, nel 2019, ho superato il tabellone cadetto (dopo 9 tentativi falliti nei vari Major; ndr) senza perdere alcun set e mi sono sbloccata. Adesso comincio a vincere i match nel main draw ed è tutta un’altra storia, ma quegli anni non sono stati semplici. Arrivavo poco convinta, spesso senza coach, e non riuscivo a esprimermi al meglio. Nel 2018 in Australia racimolai tre game al primo turno delle ‘quali’ e fu devastante. Certo a ripensare oggi all’avversaria di quel giorno…”.

Chi era?

“Barbora Krejcikova, che adesso è letteralmente esplosa. Mi ha sempre impressionato la sua facilità di tennis e non mi capacitavo del suo ranking”.

A proposito di previsioni sul futuro: se dovessi scegliere una giocatrice giovane su cui puntare?
“Ha già raggiunto ottimi risultati, ma il primo nome che mi viene in mente è quello della danese Clara Tauson”.

Contro Leylah Fernandez, sorprendente protagonista a New York, avevi invece perso il tuo primo match dell’anno ad Abu Dhabi.

“Lei giocò molto bene e io molto male. Non mi aspettavo potesse già raggiungere un così grande risultato, ma basta vederla in allenamento per capire di che pasta sia fatta. Ha una mentalità impressionante, sempre molto ‘focus’ sul tennis”.

E la tua compagna di nazionale Camila Giorgi in Canada, che emozioni ti ha trasmesso?

“Tutti sapevamo che avrebbe potuto giocare un torneo del genere. Ero già a Cincinnati, e ho visto alcuni match di Montreal in tv. Una sola parola: pazzesca”.

Una Giorgi in forma, Paolini e Trevisan più forti e consapevoli, altre ragazze in ascesa come Cocciaretto e Bronzetti. Non male questa Nazionale

“Complessivamente abbiamo tutte raggiunto un livello migliore rispetto al passato. Più giochiamo bene nei tornei e meglio ci comporteremo con la maglia azzurra. Siamo una bella squadra, possiamo ottenere buoni risultati”.

Capitolo circuito Wta. Si parla tanto del livello attuale del tennis femminile, qual è il tuo pensiero?

“Il livello medio si è alzato tantissimo. Non so perché non ci siano più giocatrici dominanti come in passato, ma tantissime ragazze giocano un tennis impressionante. Per vincere un grande torneo è necessario mantenere un livello altissimo per 5/6 match consecutivi. Appena si cala un attimo si esce sconfitti”.

Se potessi dare un consiglio alla Jasmine Paolini che entra, da giovanissima, nel circuito, cosa le diresti?

“Di avere meno dubbi su me stessa. Credo sia un difetto molto italiano quello di non sminuirsi un po’. Meno dubbi, più certezze. Ho osservato in questi mesi gli statunitensi, che hanno un approccio decisamente migliore sotto questo aspetto. Comunque mi butterei meno giù, mi direi di credere più nel lavoro e nel mio tennis, mi spingerei a non pormi alcun limite”.

La vita nel circuito può essere emozionante ma anche ripetitiva e faticosa. Come la vivi?

“Dopo anni a giocare prevalentemente Itf, senza ospitalità e con montepremi bassissimi, la vita nei tornei Wta la definirei tranquilla. Non ci sono ansie dovute alla parte economica, i punti in palio sono molti ed è tutto organizzato alla perfezione. È ovvio che viaggiare continuamente non sia così facile, devo imparare un po’ a gestirmi: dopo New York, per esempio, sono tornata in Europa per giocare Portorose e poi, senza sosta, sono tornata negli States per disputare il torneo di Chicago. Sono arrivata esausta perdendo al primo turno; tornando indietro opterei per una diversa programmazione o semplicemente per una settimana di riposo. Riassumendo: il circuito professionistico ti mette di fronte a tante sfide, sportive e non, di non semplice risoluzione; mi considero però una privilegiata e non mi lamento mai di questa vita”.

Nel 2021 hai anche disputato il tuo primo torneo olimpico. Che ricordi hai di Tokyo e di questa edizione particolare?

“Il villaggio olimpico era diviso in mini appartamenti da 6/7 persone. Migliaia di atleti in fila alla mensa; proprio a Tokyo ho pensato: ‘quanto siamo fortunati noi tennisti’. L’esperienza è stata fantastica nonostante la sconfitta al primo turno contro Petra Kvitova. Spero di poter vivere da protagonista anche Parigi 2024, stavolta con il pubblico”.

A proposito di restrizioni. In Australia, a inizio 2022, probabilmente i vaccinati avranno un ‘vantaggio’ non indifferente.

“Io e Renzo per fortuna siamo entrambi vaccinati”.

Cosa riserverà il futuro a Jasmine Paolini?

“L’obiettivo è quello di mantenere alto il livello dei miei allenamenti, rimanere concentrata sul lavoro. È l’unico modo che conosco per crescere e migliorare. Più gioco partite importanti e più capisco questo sport. Non ci sono formule magiche. Esistono il lavoro, la perseveranza e la determinazione”.