Franco Agamenone, dall'Argentina a Lecce: "Adoro l'Italia e il River Plate, ora so come esprimermi al meglio"

Franco Agamenone ha attraversato l'oceano in cerca di fortuna, percorso inverso rispetto a quello che il suo bisnonno intraprese un secolo fa. Riproponiamo un'intervista esclusiva che, Il Tennis Italiano, realizzò con l'italo-argentino il 21 luglio 2021

Franco Agamenone (Foto Felice Calabrò)

Il bisnonno di Franco, Giuseppe Agamennone era nato a Ronchi in provincia di Cuneo nel 1892 e, subito dopo la Grande Guerra, s’imbarcò a Genova sulla Principe di Udine, destinazione Argentina. Cercava un mondo migliore, per sé e per i suoi discendenti. Uno di questi, il 28enne Franco Agamenone (una enne si è persa in qualche ufficio dell’anagrafe argentina), poco più di un secolo dopo, ha fatto il percorso inverso ed è tornato in Italia, non con la classica valigia di cartone ma con una racchetta in mano. Abbiamo allora cercato di riannodare gli esili fili di perdute parentele con l’aiuto di Andrea Tirozzi, ufficiale dell’anagrafe di Cuneo, di Giorgia Mecca della redazione torinese del Corriere della Sera e di Anna Agamennone, ex tennista e lontana, quanto inconsapevole, parente del nostro protagonista. Il quale nel frattempo ha preso la residenza a Lecce e ha spopolato nel circuito ITF, portando a casa in pochi mesi ben cinque trofei, mostrando una grinta (in Argentina la chiamano ‘garra’) e una consapevolezza uniche. Lo abbiamo raggiunto telefonicamente a Francoforte, dove sta disputando la Bundesliga con la squadra locale, il FTC Palmengarten.

Solo la Bundesliga poteva impedirti di dare la caccia al tuo sesto titolo ITF stagionale.

Sì, mi sono preso una piccola pausa (ride, ndr). Ho giocato lo scorso week-end e giocherò anche il prossimo.

Una scelta obbligata disputare i campionati a squadre?

Se giochi abitualmente nel circuito ITF, alla fine della stagione il tuo bilancio sarà sicuramente in passivo. Quindi sei costretto a fare due o anche tre campionati a squadre.

E proprio dal campionato a squadre è iniziata la tua avventura italiana.

Sì, nel 2018 ho cominciato a giocare per Lecce e mi sono trovato molto bene. Così nel 2020 ho chiesto al mio coach Andrea Trono se fosse possibile trasferirsi in pianta stabile, anche perché io sono da sempre in possesso anche del passaporto italiano.

Il motivo principale di questa scelta di vita?

Innanzitutto un motivo professionale perché in questo modo posso programmare meglio la mia stagione. Già prima stavo comunque in Europa per almeno cinque mesi l’anno, quindi così è più comodo. Poi in Argentina la crisi economica è profondissima e allora qualche tempo fa, assieme alla mia ragazza, abbiamo cominciato a valutare questa opportunità.

Cosa ti manca dell’Argentina?

Fondamentalmente la famiglia: babbo, mamma e fratello. Poi i cugini, due nonne e tutti gli amici. Magari quando passa questa pandemia vengono a trovarci perché ormai è tanto tempo che non li vedo. Per fortuna l’Italia mi piace tantissimo e gli italiani hanno una sensibilità molto simile a quella degli argentini. Insomma mi trovo benissimo.

In Argentina il Covid sta ancora colpendo duro.

Purtroppo si vaccina con grande lentezza e la situazione è molto più grave che in Italia. Io farò il vaccino la prossima settimana quando torno a Lecce anche perché altrimenti, viaggiando tanto, è un bel problema. Tanto per dire qui in Germania, se non sei vaccinato, non puoi mangiare nei ristoranti al chiuso.

E l’asado ti manca?

Ecco quello non mi manca perché fortunatamente a Lecce ho trovato un macellaio che vende della carne ottima, dal taglio argentino.

Tornando al tennis, stai disputando un 2021 incredibile. I precedenti 27 anni dove ti eri nascosto?

Me lo ha appena chiesto anche il mio coach (ride, ndr). A parte gli scherzi penso di aver finalmente trovato le condizioni ideali per esprimermi, per migliorare tanti dettagli del mio gioco. E’ stato fondamentale l’aiuto di coach Andrea Trono e del preparatore Paolo Capano. Per non parlare della mia mental coach argentina (Mirta Iglesias) che mi ha fatto capire tante cose.

Quest’anno hai appena raggiunto il tuo best ranking al n.326 ATP. Obiettivi?

Mi piacerebbe tanto raggiungere la top 100 (e questa volta non ride, ndr).

A Lecce quando non ti alleni e non cucini l’asado, cosa fai?

Guardo Netflix, adesso sto seguendo la serie ‘Lupin’. Poi, a parte Istagram e Twitter, ascolto musica, soprattutto cumbia (musica popolare di origine colombiana). Ho poi in programma di andare a visitare la parte meridionale del Salento che mi dicono magnifico.

Chi sono i tuoi migliori amici nel mondo del tennis?

Soprattutto Hernan Casanova (27 anni, n.336 ATP) e Pedro Cachin (26 anni, n.278 ATP). Tra gli italiani sono molto amico di Daniele Capecchi.

Segui altri sport?

Mi piace tantissimo il calcio, sono tifosissimo del River Plate. Poi adesso l’Argentina ha vinto la Copa America e l’Italia gli europei. Chi è più felice di me?

Il posto più brutto dove hai giocato in vita tua?

In Turchia, non ci tornerò più. E neanche il circolo del Cairo è tanto bello.

Una domanda un po’ scomoda. Nel 2019 sei stato squalificato 10 mesi per doping.

In Argentina ero cliente di un medico dello sport molto famoso che mi aveva prescritto quattro integratori e varie proteine. Nel 2018 mentre giocavo un Future in Argentina (a Pinamar) mi fecero il controllo antidoping e un mese dopo, quando ero a Roma a giocare un Challenger, mi comunicarono la positività. Alcuni di questi integratori erano risultati contaminati. Mi cadde il mondo addosso. Alla fine la Federazione Internazionale ha accettato le mie spiegazioni e riconosciuto la mia buona fede. Così mi ha condannato solo per negligenza, la pena più lieve.

Programmi?

Ricomincio il 2 agosto con il Challenger di Cordenons, sperando di essere in tabellone. Mentre non so se giocherò ancora nel circuito ITF. Se devo raggiungere la top 100 è meglio che mi sbrighi (ride, ndr).

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