I match tra Fognini e Nadal sono istantanee che non riservano incognite. Confronti tra una genia capace di estrarre dal cilindro conigli e colombe a profusione, opposta a una costante cocciutaggine, poco incline ai giochi di prestigio, più votata invece a schemi replicati alla perfezione e difficili da scompigliare. Il loro testa a testa non offre il fianco a dubbi: 13 a 4 a favore della tenacia, a dimostrazione che il tennis moderno richiede continuità prima che estro, anche se il pubblico sembra pensarla diversamente.
Ma stamane il pubblico a Melbourne era assente e quando a metà del secondo set lo spagnolo ha recuperato una stop volley del ligure superandolo con un gancetto lobbato, i due avrebbero meritato assai di più che lo sbiadito applauso virtuale ideato dagli organizzatori per mettere una toppa alla depressione del vuoto assoluto. Per il resto è stato un match in discesa, che lo spagnolo ha portato a casa con l’inquietudine di chi conosce bene Fognini e la sua capacità di ribaltare situazioni seppure compromesse. Uno splendido Fognini, aggiungo, tornato finalmente a miglior tennis dopo l’operazione alle caviglie. Con Nadal i punti vanno chiusi entro i primi tre, quattro scambi, limite oltre il quale aumentano in modo esponenziale le capacità di Rafa di uscirne vincente. Fabio ha tentato in ogni modo di farlo, riuscendoci tuttavia solo a tratti.
Discorso, quello degli scambi a oltranza, che per Nadal sembra, comunque, definitivamente archiviato dopo che, da un paio d’anni in qua, ha lasciato spazio a un bagaglio tecnico assai più vario e risolutivo rispetto al pregresso.