Il concetto di italiano d'adozione è frequente al giorno d'oggi, spesso e volentieri utilizzato con riferimenti allo sport. Un concetto che se potesse averne una sorte di portavoce, ecco, quello sarebbe riconducibile al nome di Andrey Golubev. Il rapporto del kazako, almeno di passaporto anche se nato in Russia, con il suolo tricolore è di quelli veramente speciali. L'ambientamento in Italia non è problematico, tutt'altro: a farlo sentire "a casa" ci pensa Massimo Puci, storico coach sin dall'età di 15 anni. Il talento è cristallino, la continuità invece non sempre impeccabile. L'acuto più alto di Golubev arriva nel 2010, a 23 anni, quando si aggiudica l'Atp 500 di Amburgo. Fu il primo titolo anche per il Kazakistan: Bulat Utemuratov infatti, magnate kazako (uno dei più ricchi al mondo in quegli anni), gli concesse il passaporto qualche mese prima così da poterlo aggregare anche in Coppa Davis. Proprio in Coppa Davis, arriva il giorno in cui Andrey si scontra con l'Italia. Corre l'anno 2015, Andreas Seppi lo mette in riga a distanza di circa un anno dal successo dello stesso Golubev su Wawrinka (e in doppio contro Federer!). Dentro, ma soprattutto fuori dal campo, Golubev è sempre stato un ragazzo molto istintivo, soprattutto nelle dichiarazioni. "O hai soldi e sponsor o non puoi più giocare", disse in merito al residuo esborso economico per i cosiddetti giocatori di seconda fascia. Indelebile invece la spavalderia a tratti ironici nella conferenza dopo il match contro Nadal, perso per un soffio agli Us Open 2011: "I'm very... come si dice incazzato?".