
I problemi con la Giorgi risalgono allo scorso 31 marzo, quando la maceratese comunicò sul proprio sito l’intenzione di saltare la trasferta di Fed Cup a Lleida, contro la Spagna. Una possibilità non prevista dal contratto siglato nel 2013 con la Federazione, che in cambio di una base per gli allenamenti e qualche aiuto per sostenere i costi dell’attività, obbligava Camila a rispondere a tutte le convocazioni, pena la restituzione del prestito d’onore e di altri incentivi. Per un totale – al momento della spaccatura – di circa 160.000 euro. Le hanno dato il tempo di ripensarci, lei non è tornata sui suoi passi e la presa di posizione della FIT è diventata inevitabile. Addio alla nazionale, addio al Centro Tecnico di Tirrenia e niente partecipazione – questo per scelta del team Giorgi – agli Internazionali d’Italia. Ma a far le spese principali del gelo, per quanto da parte della Federazione sia più che motivato (se c’è un contratto, va rispettato), è proprio la FIT stessa. È chiaro che alla nazionale la Giorgi serva come il pane, ogni giorno di più, a maggior ragione se dovesse iniziare a mantenere alcune delle promesse fatte in passato a suon di risultati. Dopo la rottura con la Federazione il suo 2016 è stato un disastro, quindi il problema non si è posto. Ma se salisse nel ranking fino a conquistare posizioni importanti? Non poterla utilizzare sarebbe un peccato. È vero che in maglia azzurra è stata decisiva solamente una volta, nel 2014 a Cleveland contro gli Stati Uniti, ma prima c’erano anche le altre. Mentre ora il bisogno è diventato una necessità, perché le giovani tardano ad arrivare. Qualcosina inizia a muoversi: merito di Jasmine Paolini che è diventata la prima tennista della Next Gen azzurra a raggiungere la zona delle qualificazioni Slam. Ma è poco per poter parlare di ricambi.

“Sono cosciente che sarà un impegno difficile – ha detto sempre la Garbin al Corsera – e che per ricostruire il tennis femminile italiano ci vorrà del tempo, forse anni… Ma per me è una grande sfida, non ho paura, nemmeno delle critiche se non arriveranno risultati”. Nell’intervista radiofonica, Binaghi ha rivelato anche che Barazzutti continuerà a starle a fianco negli incontri di Fed Cup, oltre che nei tornei in giro per il mondo. Ma ora la guida è di “Tax”, come il lavoro delicato di convincere le migliori a scendere in campo. L’unica garanzia sembra Sara Errani, ripartita con motivazioni tutte nuove. La Vinci è – probabilmente – all’ultima stagione della sua carriera: avrà voglia di sacrificarsi ancora per una nazionale con cui ha vinto tanto e difficilmente vincerà altro? E se decidesse di esserci, sarà disponibile per il doppio con l’ex compagna da Slam? Idem (senza il probabilmente) per la Schiavone, che per dedicarsi al singolare ha rinunciato addirittura a una Olimpiade. La Garbin ha confessato di volerla coinvolgere, ma sembra uno scenario complesso. Perciò torna importante Karin Knapp, anche se il meglio pare alle spalle anche per lei. E visto che, anche qualora Vinci e Schiavone giocassero nel 2017 non lo faranno nel 2018, forse conviene già iniziare a gettare le basi della squadra del futuro. Coinvolgendo proprio la Paolini, o anche Martina Trevisan, che le sta appena dietro in classifica. La Garbin le ha seguite a lungo, le conosce benissimo: tentar non nuoce. Ma sono ancora troppo lontane per pensare di ricostruire grazie a loro qualcosa di anche lentamente simile a quanto fatto negli anni scorsi. E qui torna inevitabilmente in gioco il nome della Giorgi. Binaghi è stato chiaro: “capitolo chiuso”. Ma lo era stato anche nel 2008 col caso Bolelli. Disse che, fin quando sarebbe stato in carica, Simone non avrebbe più trovato spazio nella nazionale di Coppa Davis, poi sappiamo come è finita. Tornerà sui suoi passi anche stavolta?
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