Dai capelli di Alcaraz a quelli di Sinner: a Flushing Meadows è questo il tema che va per la maggiore

Ce n’erano tre, da seguire contemporaneamente. Tre tennisti italiani, a confermare il livello elevatissimo e inedito che questo sport ha raggiunto in Italia. Lorenzo Musetti (contro Giovanni Mpetshi Perricard), Matteo Arnaldi (contro Francisco Cerundolo) e Jannik Sinner (contro Vit Kopriva). E poco dopo sarebbe toccato anche a Lorenzo Sonego.
Poi però c’era quella vaga ansia da liquidare, quell’attesa che andava avanti dalla finale durata venti minuti contro Alcaraz. Attesa finita quando il ragazzo vestito di terra rossa è entrato nell’Arthur Ashe Stadium, passo deciso, sguardo concentrato e poi i primi colpi ben piazzati, forti, a far svanire ogni preoccupazione post virus di Cincinnati. C’è da chiedersi se non si tratti di scaramanzia da parte dello sponsor, la scelta del colore del completo, il colore dell’unica superficie su cui Sinner non è ancora riuscito a imporsi da numero 1, anche se quella finale del Roland Garros mica riesce, ancora, ad andarci giù. L’unico brivido di una partita che è stata poco più di un riscaldamento, lo ha dato una vescica all’anulare destro che, abbiamo imparato, spunta ogni volta che Jannik Sinner non tocca la racchetta per qualche giorno. E, per fortuna, questa volta il fisioterapista è entrato in campo solo per occuparsi di un banalissimo cerotto che non ne voleva sapere di stare al suo posto, a proteggere la vescica fastidiosa del numero 1 del mondo. Abbiamo imparato anche che Kopriva, lo sfidante ceco, si pronuncia “Copciva”, e allora fine dei giochi quali “copriva bene la rete” e ogni altra variante possibile. Abbiamo imparato poi, in conferenza stampa, che Sinner sta malissimo con i capelli rasati, perché uno degli argomenti del giorno è stato il taglio da marine di Carlos Alcaraz, conseguenza di un errore del fratello con il rasoio. Ma siamo appena all’inizio, i favoriti finora hanno poco più che passeggiato. Fra qualche giorno ci sarà ben altro da raccontare, altro che capelli.
Roberto Ferrucci è nato a Venezia (Marghera) nel 1960. Ha esordito nel 1993 con il romanzo “Terra rossa”, pubblicato da Transeuropa, e in quegli anni ha scritto spesso per “Il Tennis Italiano”. Il suo ultimo libro “Il mondo che ha fatto”, che racconta la sua amicizia con lo scrittore Daniele Del Giudice, è stato pubblicato nel 2025 da La nave di Teseo e candidato da Claudio Magris al Premio Strega. Scrive per i quotidiani di Nordest Multimedia e su La Lettura del “Corriere della Sera”. Dal 2002 insegna Scrittura creativa alla facoltà di Lettere dell’Università di Padova, conduce laboratori di scrittura in Italia e Francia. Per Helvetia Editrice dirige la collana “Taccuini d’autore”.