Non sempre le intenzioni si possono realizzare. Il piano di Lorenzo Musetti è stato facilmente disinnescato da Sinner

A letto presto, sveglia regolata alle due e venti per il derby più prestigioso della storia del tennis italiano, previsto più o meno per le due e trenta. Taccuino, penna, il caffè non serve, basta dell’acqua. Accendi e in campo ci sono ancora Karolina Muchova e Naomi Osaka, sono verso la
fine del secondo set, il primo lo ha vinto Osaka. Giocano bene, è bello guardarle, però ti auguri che non vadano al terzo set. Finisce al tie break del secondo. Peccato per Muchova, ma meno male per ormai.

Jannik Sinner e Lorenzo Musetti entrano in campo alle tre e trentasei, nel pieno di luci intermittenti e fumogeni da scenografia non proprio tennistica (ah, che nostalgia di Wimbledon). Il numero 1 al mondo in tenuta da sera, blu notte (ma le scarpe sono ancora color terra rossa), Lorenzo Musetti in nero con un sorprendente giubbotto in cuoio (o è pelle?) stile Fonzie. Nelle interviste pre gara, Musetti dice che cercherà di sorprendere Sinner. Giusto. E la sorpresa, si sa, è qualcosa da tirare fuori al momento opportuno, e fino a quel momento, da tenere nascosta. La tieni in tasca e aspetti.

Il problema però è che se il destinatario della tua sorpresa, in un modo o nell’altro, non ti consente di tirarla fuori dalla tasca, ti pressa, ti asfissia, la sorpresa si disinnesca, diventa inefficace, inutile.
Tu insisti, ci riprovi, e magari riesci anche a tirarla fuori dalla tua tasca, ogni tanto, quella dannata sorpresa, ma sono attimi. Musetti riesce a farlo a intermittenza nel secondo e nel terzo set. Riesce a malapena a fare intravedere ciò che aveva ideato (lui, con il suo tennis creativo, spesso sublime)
per sorprendere Jannik Sinner. Sta tutto qui, in quei pochi tentativi, il quarto di finale storico, tutto italiano degli US Open 2025.

Un quarto di finale di cui gli organizzatori americani si sono impossessati, riservandolo al turno serale, impedendo a milioni di telespettatori europei di poterne godere. E lo hanno fatto all’americana, con un pubblico che non definirei indisciplinato, bensì inadeguato, inadatto al tennis,
gente che andava e veniva mentre la palla era in gioco, un chiacchiericcio costante che arrivava in cuffia (perché a notte fonda la tv non puoi che guardarla con addosso le cuffie) e copriva le voci dei due team di Sinner e Musetti.

“The show”, ovvio, al punto che abbiamo dovuto sorbirci anche uno scambio fra i due giocatori con l’inquadratura che traballava. Motivo, dietro la telecamera c’era John Turturro, l’attore, inquadrato a sua volta finito il punto. Applausi. Vabbè.
Finisce in due ore. Intervista al vincitore, un’occhiata agli appunti e la stesura di queste righe, chiuse alle sei e trentatré. Quattro ore di sonno perse per un quarto di finale storico. Ma ne è valsa la pena.