Il Tennis Italiano

IL TENNIS ITALIANO 1 Stefano Semeraro segue professionalmente il tennis dal 1986. Da inizio anni ‘90 si occupa di tennis e sport per La Stampa Roma chiama Parigi risponde tavolta più che un editoriale saranno note, appunti sparsi, visto che le scadenze del mensile ci costringono a consegnare in tipografia questo numero quando il Roland Garros è in pieno svolgimento, mentre voi lo leggerete a giochi fatti: ci perdonerete, quindi, qualche incongruenza. Potrete però leggere, fra l’altro, degli Internazionali d’Italia, una edizione per certi versi monstre del Foro Italico, su Parigi ci rifaremo nel prossimo numero: è una promessa. Mentre scrivo queste righe al Bois de Boulogne si devono ancora giocare i quarti, ma è già chiaro che la Next Gen rischia, se non ora nel giro di poco tempo, di essere scavalcata dalla Next-Next Gen: quella di Carlos Alcaraz, che nei primi dieci giorni del torneo ha rubato il palcoscenico a tutti; e di Holger Rune, un personaggio che in Italia conosciamo benissimo e che si prepara a diventare uno dei principali protagonisti dei prossimi anni; un Alcaraz in salsa scandinava, azzarda addirittura qualcuno, ricordando che, come nel caso di Djokovic e Murray, Carlitos e Rune sono nati a una settimana di distanza l’uno dall’altro. A Parigi hanno avuto grande eco, ma solo perché negli Slamla cassa di risonanza è più ampia, le parole di Rafa Nadal. Il campeon ha buttato lì che questo potrebbe essere stato il suo ultimo Roland Garros. Lo aveva già ribadito in altre occasioni, spiegando che la sindrome di Muller-Weiss non gli lascia nessuna speranza di guarigione. Sentirglielo dire nella pancia del «suo» stadio, ha prodotto però un’impressione diversa, indefinibile, da fine impero. E poi c’è Wimbledon, ovviamente. I Championships senza punti. Se ne parla da settimane, da Monte-Carlo l’argomento è rimbalzato a Roma, poi a Parigi. Un terreno (di discussione) scivolosissimo, sul quale ho lasciato che si esprimessero alcuni dei competentissimi columnist della rivista, avanzando anche pareri contrastanti. La mia opinione è che l’All England Club abbia sbagliato, e che l’Atp abbia giustamente reagito, ma non nei modi più azzeccati, finendo per scontentare i suoi stessi iscritti. La classica situazione in cui a rimetterci sono tutti. Parliamo un po’ anche delle ragazze azzurre. Dalla Billie Jean King Cup erano già venuti segnali positivi, Parigi li ha confermati con gli ottavi di Camila Giorgi e lo storico torneo di Martina Trevisan. Ma di Martina, altra promessa, parleremo a lungo sul prossimo numero. Infine Roma e Parigi, la suggestione parallela di due dei più bei tornei del mondo. Roma soffre di mancanza di spazio, e proverà a compensare allungandosi su due settimane, Parigi negli ultimi anni ha compiuto un restyling favoloso, che ha reso il Roland Garros molto cool, un torneo di design, sacrificando un po’ dell’atmosfera di uno dei luoghi sacri del tennis. Sia al Foro sia a Parigi l’affluenza è stata enorme, allegra, piena di voglia di ricominciare, a tratti quasi soffocante. Camminando di notte sul Boulevard d’Auteuil mi sono chiesto se i quattro Moschettieri avrebbero riconosciuto, in quell’astronave sciccosissima che è diventato il Philippe Chatrier, la vecchia casa costruita cent’anni fa per ospitare le le loro imprese e quelle di Suzanne Lenglen. Le prime volte che ho messo piede da quelle parti, a fine anni ’80, potevi ancora incontrarli, Lacoste e Borotra, e ho pensato che, dopo tutto, alla faccia della malinconia, di questo impianto sia René sia Jean, nostri modernissimi antenati, sarebbero stati molto fieri. L’EDITORIALE di Stefano Semeraro S stefano.semeraro@sport-com.it

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