Arrivederci in malese. E’ così che salutiamo il WTA siciliano. I soci del Country hanno preferito la Malesia alla FIT. Binaghi: “Sono stupefatto”. Ma perchè lo hanno avvisato così tardi?
Oliviero Palma presenta l'edizione 2013. Resterà l'ultima, almeno fino al 2017
(La foto in home page è di Costantini – FIT)
Di Riccardo Bisti – 29 settembre 2013
Ciao Palermo.
La speranza è che sia un arrivederci e non un addio. L’assemblea dei soci del Country Club, chiamata alla delicata decisione, ha scelto di affittare il torneo a Kuala Lumpur, come peraltro era già stabilito prima che un paio di giorni fa arrivasse la clamorosa offerta della FIT. La federtennis ha provato, con un intervento in extremis, a tenere il torneo in Italia. Ma non è bastato. L’Assemblea è durata quasi tre ore, ma l’esito finale non è mai stato in discussione. I 50 delegati presenti, in rappresentenza di 2.500 soci (espressione di 800-900 famiglie), si sono sentiti molto responsabilizzati e hanno preferito non rischiare. “Hanno scelto il ‘certo’ rispetto all’’incerto’ – spiega Oliviero Palma, storico direttore del torneo – naturalmente hanno apprezzato l’interessamento della FIT, ma alla prova dei fatti non c’era la garanzia assoluta che il contratto della FIT fosse identico a quello dei malesi. Con la Malesia c’erano delle clausole molto chiare, anche a livello economico, di cui nella proposta FIT non si faceva menzione. Mi riferisco a IVA, tasse, spese ecc….basti pensare che il solo costo di trasferimento del torneo è di 33.000 dollari. I malesi si assumeranno tutte le spese: nella proposta FIT, tanti dettagli non erano citati”. Prima dell’Assemblea, per chiarezza e per poter presentare ai soci due offerte sostanzialmente identiche, Palma ha scritto personalmente a Binaghi per avere la garanzia che la FIT potesse assumersi le stesse clausole. “Binaghi non è riuscito a rispondermi, allora mi ha chiamato Sebastiano Monaco: mi ha detto che una risposta completa non sarebbe stata possibile fino a quando gli avvocati FIT non avessero visionato il contratto. Alla luce di questo, e tenendo conto che Kuala Lumpur aveva già inviato alla WTA l’intero montepremi di 250.000 dollari, i soci hanno deciso di cedere alla Malesia, a larga maggioranza”.
Durante l’Assemblea, tutti i presenti si sono posti la stessa domanda: come mai la FIT è intervenuta così tardi? Secondo Palma, se la proposta fosse arrivata 15 giorni prima, gli avvocati avrebbero avuto tutto il tempo per visionare i contratti e magari aggiustare eventuali postille. “Noi dovevamo avere la certezza che su certi punti non ci fossero problemi: ad esempio, l’IVA era compresa o no? L’arbitrato con i malesi si terrà a Palermo, mentre con la FIT si sarebbe dovuto tenere a Roma, con eventuale piccola spesa per inviare un legale. Per questo, i soci hanno preferito essere prudenti e non rischiare”. Palma è dispiaciuto, molto. Insieme a Giorgio Cammarata (presidente del Country) ha tenuto in piedi il torneo con coraggio e una passione d’altri tempi. Lui, che non è di primo pelo, ha lanciato un messaggio via Youtube agli appassionati per invitarli all'ultima edizione. Durante i match, le telecamere lo pizzicavano spesso a bordo campo, indossando una semplice polo. Un uomo di campo, non di scrivania. La sua delusione è immaginabile. “Se giovedì sono partito alle 6 del mattino per la riunione d’urgenza, è perchè volevo venire incontro alla FIT”. Non è dunque un problema di fiducia (“Il nostro è un impegno morale” gli aveva detto Iano Monaco), ma di convenienza. Il contratto con la Malesia consentirà a Palermo di non versare un solo euro, ma anzi di intascarne ben 860.000 in sei anni. Si parte con 110.000 per la prima edizione, poi ci sarà un aumento annuale del 10%. E tutte le spese amministrative saranno a carico di Kuala Lumpur. Senza contare che fra tre anni si potrà ridiscutere. Il contratto, infatti, è un 3+3 che prevede una ridefinizione dopo il primo triennio. E la scelta si prenderà congiuntamente tra Palermo e Kuala Lumpur, mentre in caso di accoglimento della proposta FIT, sarebbe stata la sola federtennis a decidere. Nessuno – ma proprio nessuno – ha messo in dubbio l’impegno morale della FIT, che avrebbe sicuramente rispettato i contratti. Ma i fatti sono chiari: sabato 28 settembre, alle ore 15.30, sul tavolo del Country Palermo c’erano due pezzi di carta. Il primo era un contratto già pronto e approvato dalla WTA. L’altro era la lettera della FIT, con un impegno (serio, forte, concreto) ma che non menzionava alcune clausole poi risultate decisive.
“Credo che sia stato un problema di tempi – conclude Palma – se l’incontro si fosse effettuato 10 giorni prima, sono convinto che i soci sarebbero stati ben lieti di mantenere il torneo in Italia”. Tramite il sito FIT, Angelo Binaghi ha espresso tutto il suo rammarico: “Sono stupefatto nell’apprendere che un circolo affiliato alla Federazione Italiana Tennis come il Country Club di Palermo abbia deciso di spostare all’estero un torneo che noi avremmo mantenuto in Italia a condizioni economiche che, almeno per quanto ne sappiamo, sono identiche a quelle da noi proposte”. Da quel che abbiamo appreso, probabilmente sarebbe stato così, ma solo dopo la visione dei contratti da parte degli avvocati FIT. Al probabilmente, Palermo ha scelto il certamente del contratto malese. E così, dall’anno prossimo, Palermo scomparirà dal calendario WTA. Per il tennis italiano – duole dirlo – è un colpo durissimo. Nel 1982 eravamo arrivati a organizzare otto tornei ATP, poi tra alti e bassi erano stati sette anche nei primi anni 90. Fino a una lenta moria, che si è concretizzata in un triste pomeriggio palermitano. Dal 2014, l’Italia sarà presente nei calendari ATP-WTA con i soli Internazionali BNL d’Italia, che per fortuna viaggiano alla grande e si giocheranno lo status di “Mini-Slam” con Madrid (la decisione arriverà durante le ATP World Finals di Londra). La situazione è dura anche a livello challenger: nel 2010 ne avevamo organizzati ben 28, mentre quest’anno si sono dimezzati. Il motivo è sempre il solito: la crisi economica. La vicenda del WTA di Palermo è ancora più triste perchè questa conclusione si poteva evitare. Qualcuno ha sbagliato. Il torneo zoppicava da anni, ma i segnali sono stati sottovalutati fino ad arrivare a una situazione drammatica. E immaginiamo la reazione di Angelo Binaghi quando lo hanno informato della cessione. La FIT aveva tutte le carte in regola per tenerlo in Italia, ma si è mossa troppo tardi. Perchè? Nella sua dichiarazione pubblica, il Presidente FIT si dice ‘stupefatto’ della scelta del Country, ma forse dovrebbe esserlo anche verso chi lo ha informato solo così tardi della drammaticità della situazione. Due giorni fa ha detto che la FIT si è mossa ‘immediatamente’, appena ha saputo la situazione, convocando un Consiglio di Presidenza in tutta fretta. Possibile che non l’abbiano avvisato prima? E pensare che la Sicilia ha un vicepresidente FIT (Sebastiano Monaco) e un altro consigliere nazionale (Giuseppe Adamo), senza contare la campagna pro-torneo che nell’ultimo mese è stata effettuata dal Giornale di Sicilia, il più importante quotidiano della regione.
E il futuro? Non dimentichiamo che la licenza appartiene ancora a Palermo. Fra tre anni ci sarà un primo incontro per stabilire il futuro. “Non resterò con le mani in mano – ci ha detto Oliviero Palma – già nei prossimo giorni andrò a parlare con i nostri storici partner per gettare le basi per il futuro. Un futuro in cui vorrei riportare il circuito WTA a Palermo. Bisogna trovare gli sponsor e aspettare che cambi qualcosa a livello politico: pare che il governo della Regione Sicilia possa cambiare a breve, e ci auguriamo che il nuovo governo possa essere più vicino allo sport. Tra l’altro, nel 2017 o 2018 Palermo potrebbe diventare la Capitale Europea dello Sport. Sarebbe bello riuscirci e magari accompagnare questo successo con il nostro torneo. Noi ce la metteremo tutta: se ci saranno le condizioni politiche ed economiche, nel 2017 il torneo tornerà a Palermo”. Chiunque abbia guardato con un po’ di buon cuore il video in cima a questo aritcolo, non può che augurarselo.
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