
“Ero quasi deciso a non viaggiare più – ha raccontato Bajin durante lo Us Open –, perché le ultime collaborazioni erano terminate un po’ troppo rapidamente, mentre io credo che per lavorare come si deve con una giocatrice ci sia bisogno di molto tempo. Ma non ho saputo dire di no alla chiamata di una ragazza gentile, con alle spalle una famiglia con mi ha accolto con grande entusiasmo”. Così ha deciso di accettare una nuova sfida, la più importante della sua carriera, con l’obiettivo di capire come mai malgrado un potenziale di altissimo livello la Osaka fosse ancora fuori dalle prime 50 del mondo. “Ho sempre pensato che potesse fare grandi cose, e mi sono detto che magari la persona giusta per aiutarla potessi davvero essere io. Credo che tutto nella vita avvenga per un motivo. È un compito diverso rispetto ai precedenti, perché prima ho lavorato con giocatrici già formate, che sapevano anche da sole come muoversi e cosa fare per vincere i tornei più importanti, mentre con Naomi tocca a me guidarla. Tuttavia, sin dall’inizio ho cercato di lasciarle molta libertà, non dicendole cosa deve fare, ma provando a darle soltanto qualche dritta e osservare come si muove”. Soprattutto, è stato bravo a farle cambiare l’approccio mentale al gioco, prima un po’ troppo negativo contro se stessa, aiutandola invece a pensare sempre positivo. “Non funziona allo stesso modo per tutti – ha continuato –, ma credo che lei ne avesse bisogno. È una perfezionista, che vuole fare sempre tutto al massimo, e questo è positivo. Ma essere troppo duri con se stessi può diventare un problema. Credo che pian piano stia trovando la via per tenere la negatività fuori dalla sua vita”.

A giudicare dai risultati, la ricetta di Bajin ha funzionato alla perfezione, visto che nel giro di pochi mesi la dimensione della Osaka è cambiata completamente. Si era capito che prima o poi sarebbe arrivata molto in alto, ma era difficile prevedere che l’avrebbe fatto così rapidamente. Quindi, evidentemente, il coach tedesco ha delle capacità non comuni, che avevano rischiato di andar perdute una decina d’anni fa. Era il 2007, quando dopo la morte del padre-coach “Sascha” aveva deciso di abbandonare a soli 23 anni un’attività internazionale mai decollata, ben diversa rispetto alle aspettative create quando da under 16 era considerato una delle principali promesse a livello europeo. Ci aveva provato per qualche anno, ma non era riuscito ad andare oltre la posizione numero 1.149 della classifica ATP, così aveva iniziato a guardarsi attorno per iniziare a dare lezioni in un club. Per puro caso, proprio in quel periodo ha conosciuto Serena Williams, che era di passaggio a Monaco di Baviera e cercava dei giocatori con lui allenarsi. Qualcuno ha suggerito all’ex numero uno del mondo il nome di Bajin, e l’entourage di Serena l’ha contattato, mentre si trovava a una festa. Fonti raccontano che si è lasciato convincere da qualche bicchiere di troppo, ma ciò che conta è che ha detto sì, prendendo la decisione che gli ha cambiato la vita. E sabato sera, mentre Serena Williams scriveva la pagina più brutta della sua intera carriera, nell’angolo della sua avversaria sull’Arthur Ashe Stadium c’era proprio lui. A godersi un titolo Slam ben diverso da tutti gli altri festeggiati in precedenza.
