Un’altra dimostrazione di bellezza e classe da parte di Musetti contro Nakashima

Chi avrebbe mai detto a un ex davisman di grande esperienza e a un maestro di moderne vedute che un giorno avrebbero unito le rispettive sorti per dar man forte a un un giovane tennista colto a studiar da campione?
È quanto sta accadendo a Corrado Barazzutti, Simone Tartarini e Lorenzo Musetti, trinomio vincente dei nostri giorni che, alla luce della corrente velocità di gioco, sta riportando in auge quel tennis di sottile tessitura tanto in voga negli anni settanta.
Una visione quasi mistica, sposata con giubilo dal fresco top ten carrarino, ormai prossimo a ben più blasonate aspirazioni. Un tennis ricco d’idee, il suo, messo in atto anche quest’oggi contro Brandon Nakashima, americano di San Diego accreditato con merito della 29sima posizione mondiale.
Un match iniziato in sordina, poi salito di tono al punto da generare brividi nei tanti assiepati sul grande centrale di Viale dei Gladiatori. Solo i cinque dritti finali esplosi in successione a chiusura di tutto, valgono la paziente fila di stampo anglosassone utile a guadagnare un posto privilegiato ai botteghini degli internazionali d’Italia. Ma il match è stato anche una lezione sulla bellezza del rovescio pluriuso nonché una pagina da manuale sull’arte multiforme della difesa.
Per carità, nulla a che fare con un ritorno al passato! Piuttosto una luce su un tennis al futuro ricco di schemi destabilizzanti in luogo di quelli prevaricanti risolti di pura potenza. Uno stile di gioco dal quale l’italiano lancia segnali di grande rendimento dopo che per troppo tempo era stato additato come un cultore del bel gesto, punto e basta.
Finale a Montecarlo, semi a Madrid sono solo due degli ottimi risultati prodotti dal fortunato trinomio, altri potrebbero nascondersi appena dietro l’angolo. Quanto emerge tuttavia dall’ottima collaborazione, merita quantomeno una metafora cinefila. E allora, tanto per dare l’idea, tiro le somme dicendo che quello mostrato dal Magnifico Lorenzo è un tennis a mezza via tra il cinema vintage di Pupi Avati e quello futuristico di Stephen Spielberg.