Sul Centre Court londinese Fabio ha mostrato per l’ennesima volta il suo infinito talento, e anche se sarà l’ultimo giro di giostra bisogna rendere il giusto merito a un giocatore che ha segnato un’epoca

In quello che per Fabio Fognini potrebbe essere l’ultimo giro di giostra, c’è ancora spazio per prestazioni come quella consumata ieri sul centrale di Wimbledon, opposto a colui che potrebbe essere indicato quale possibile modello evolutivo. Del trentottenne sanremese, Carlos Alcaraz ha sicuramente carpito genio e sregolatezza dei grandi fuoriclasse, soggetti particolari col vezzo di partire lì dove gli altri arrivano in affanno. Tradotto in pillole dico che in quattro ore abbondanti di gioco, soltanto una mente votata a estro e coraggio poteva fare della risposta un’arma vincente, ribaltando il rapporto che da sempre ne lega le sorti ai risvolti umorali del servizio. Tanto da spingere l’iberico a un’eccessiva assunzione di rischi e sfociare in qualche doppio fallo di troppo.
Il resto dei colpi non è stato da meno e al di là del risultato, quanto emerge dal regale campo londinese, dovrebbe suonare come un richiamo collettivo a prestare maggiore attenzione al ritiro dalle competizioni di un giocatore che ha segnato un’epoca e fatto da apripista alla valanga azzurra che sta tagliando traguardi su traguardi.