Foto Ray Giubilo

Rafael Nadal parla in conferenza stampa dopo quello che potrebbe essere stato il suo ultimo Roland Garros, senza perdere di vista però gli obiettivi futuri

PARIGI – C’erano i tamburi e le trombe, le bandiere spagnole, i grandi campioni del tennis (Djokovic, Alcaraz, Swiatek) e degli altri sport (come Rodri del Manchester City), il piccolo Rafa jr in braccio a mamma Xisca. C’erano soprattutto i quindicimila del Philippe Chatrier, che al Roland Garros lo hanno portato in trionfo per quattordici volte. Una sorta di funerale laico per Rafael Nadal, probabilmente alla sua ultima apparizione nel torneo del Roland Garros (lui si è voluto lasciare un piccolissimo spazio di speranza), un saluto dignitosissimo durato oltre tre ore – contro un avversario in gran forma come Zverev – ricco di prodezze antiche e di errori che fino a pochi anni fa non avrebbe mai commesso. «Una strana sensazione, giocare al Roland Garros non da favorito», e giù una smorfia, perché è qui che il campione spagnolo – 38 anni il 3 giugno, e per una volta non potrà festeggiare al Bois de Boulogne – ha costruito gran parte della sua leggenda, vincendo 112 incontri e perdendone solo quattro. «Gli ultimi due anni sono stati molto duri, ho rischiato anche il crollo, fisico e psicologico, ma ho faticato e lavorato tanto perché il mio sogno era giocare ancora una volta qui. Non so cosa succederà in futuro, se tornerò o no. Magari tra due mesi dirò basta, ma di sicuro sarò qui per l’Olimpiade e spero di concludere nel modo migliore su questo campo così speciale».
All’undicesima partita stagionale, confinato al 275º posto del ranking, Rafa è sembrato più competitivo rispetto alla brutta sconfitta di Roma contro Hurkacz, ma Zverev – che passerà alla storia come il terzo giocatore capace di battere Nadal a Parigi, dopo Djokovic e Soderling – oggi è semplicemente molto più forte. «Ho giocato a un buon livello – le parole del campione maiorchino – ma non così buono come sarebbe servito. Ho avuto le mie chance, ho servito per il secondo set, ho dimostrato di poter ancora sostenere una partita di torneo e di non meritarmi un’eliminazione al primo turno. Il mio corpo sta meglio di due mesi fa, per la prima volta dopo tanto tempo mi sono sentito bene fisicamente. Però bisogna essere sinceri con se stessi, non so cosa potrà succedere nei prossimi giorni. Ultimamente il mio corpo era diventato una giungla. A volte mi svegliavo ed era come se un serpente mi stesse mordendo, altre era una tigre… Ora voglio concentrarmi sulle Olimpiadi, voglio tornare su questi campi a giocarmi le mie possibilità. Poi avrò bisogno di chiarirmi le idee, di capire meglio il mio futuro. Una cosa posso anticipare, probabilmente non giocherò a Wimbledon. Ripassare dall’erba alla terra sarebbe tropo duro da digerire per i miei muscoli…».
Non è facile vedere tennisti che assistono dal vivo alle partite di un rivale. Se poi, come è successo oggi, in tribuna ci sono Swiatek, Djokovic e Alcaraz, vuol dire che la giornata era davvero speciale. «Francamente non li ho visti – prova a scherzare Nadal – però è una bella cosa, no? Vuol dire che ho lasciato il segno in qualche modo…».