MI SCUSI, MA LEI SI CHIAMA RAFAEL NADAL?

Non basta scegliere la racchetta giusta, bisogna soprattutto trovare il corretto set-up con le corde e rivolgersi a veri professionisti del settore. Senza affidarsi a dilettanti, spesso abusivi, che possono solo far peggiorare la vostra prestazione
Paolo Bandelli è appena entrato nel negozio di Eiffel a Casale Monferrato, un ex capannone diventato il più grande negozio di tennis in Italia. Scruta tra le decine di matasse appese, si volta e sentenzia: «Sono un buon giocatore, all'epoca C1 (chi non è stato almeno C1 nella vita? n.d.r.). Adesso mi alleno meno, ma il braccio è una favola» assicura, mimando un improbabile dritto, tirato ancora con la Continental. Marco Gazziero, il titolare, annuisce e continua nella sua occupazione più piacevole: incordare. Ad un tratto, Bandelli cava fuori un armeggio Babolat e afferma sicuro: «Voglio montare la corda di Rafael Nadal!». A quel punto, pur a malincuore, Gazziero lo accompagna davanti a uno specchio, lo sistema per bene, e poi gli chiede: «Mi scusi, una sola domanda: ma lei si chiama Rafael Nadal?».

Lo sketch si ripete più volte al giorno. Qualcuno accetta di capire, altri insistono che «non sono Nadal, ma ho un gioco simile». Gazziero prova, con tutta la sua bontà d'animo, a proporre un'altra corda, almeno un ibrido, se non proprio un multifilo. Poi, anche lui, talvolta deve arrendersi e accontentare il cliente, disposto a spendere una ventina e passa di euro per montare la corda sbagliata, che diventerà un avversario piuttosto che un supporto e che dovrebbe tagliare dopo poche ore di gioco perché perdita di tensione e di caratteristiche specifiche sono rapidissime Ma questo, Paolo Bandelli non lo sa. Se nei telai siamo tutti d'accordo che una buona percentuale di appassionati ne utilizza uno sbagliato rispetto alle proprie qualità di gioco, questa percentuale nelle corde aumenta non poco. Anche perché è un prodotto ancora più difficile da capire, se non si è avvezzi ai test e non si gode di una certa sensibilità.
Ma scegliere un corretto set-up telaio-corda non è sufficiente, perché il montaggio è una fase delicata e la qualità della macchine e dell'incordatore sono fondamentali. Se vi accontentate del vecchietto al club, che in soffitta ha ritrovato una vecchia Scaglia ed è capace di lasciarvi la racchetta incordata a metà per andarsi a bere un caffè, stringe i nodi come capita e quando attacca la pinza morsica sempre bene la corda, è naturale che il risultato finale sia scadente. Figuriamoci che non succede solo con gli abusivi da club, ma anche in tornei professionistici di livello medio-basso, come ci racconta Jambo Melis, l'incordatore degli azzurri in Coppa Davis e Fed Cup: «Quando mi arrivavano le racchette di Lorenzi per esempio, erano spesso un disastro. Lui giocava ancora tanti tornei challenger dove i servizi non sono paragonabili a quelli di un Grand Slam o di un torneo del circuito maggiore, e ogni volta gliele dovevo sistemare, dopo aver visto passaggi di corda e nodi veramente improvvisati». Figuriamoci quel che accade nel piccolo club, col custode che lo usa come terzo lavoro o il maestro che prova a sostituire le lezioni perse in settimana, improvvisandosi incordatore.

Per questo sarebbe fondamentale affidarsi a un negoziante specializzato, che abbia una certa esperienza e, ancor meglio, se dotato di qualifica ERSA, la versione europea dell’associazione americana degli incordatori. Il corso, teorico e pratico, non è assolutamente banale, e il passaggio del test, per nulla scontato. Quel che è certo, è che coloro che escono con quella qualifica, hanno le basi per incordare come si deve. Come ci conferma Paolo Rondini, uno dei pochissimi Pro Tour Stringer italiani, il massimo livello che si può raggiungere con l'ERSA e che permette di incordare nei tornei pro: «Io ho imparato tantissimo da quel corso; poi chiaramente conta l'esperienza che riesci a costruirti e la tua capacità di saper trasformare le sensazioni di un giocatore, professionista o di club, in una scelta tecnica corretta». Il responsabile ERSA in Italia è Marco Rossani, e primo incordatore italiano ad aver ricevuto l'onore di entrare nello staff di stringer al torneo di Wimbledon. Accennato con lui dell'intenzione della Federazione di creare un albo degli incordatori professionisti e della possibilità di affidarsi all'ERSA per realizzare i corsi, non può che essere d'accordo: «Sarebbe una scelta molto intelligente perché si tratta di un'attività altamente professionale che va in qualche modo riconosciuta, come avviene per i maestri».
La scelta di un ottimo incordatore serve anche per decidere... quale corda utilizzare. E per offrire dei riscontri non solo soggettivi, ci sarebbe bisogno di testarle con delle tecniche all'avanguardia. In questo, uno degli avanguardisti è l'ingegner Gabriele Medri, capace di sviscerare da una matassina il minimo dettaglio e aiutare l'utente finale a capire meglio che cosa deve montare sul proprio telaio (fino a creare un sito specializzato in corde, Stringingpedia). Il tutto, grazie ai macchinari-test creati con la sua Pro-T-One: «La mia attività è rivolta anche a quei brand che non dispongono di un settore specifico di ricerca e sviluppo ma vogliono conoscere meglio le caratteristiche dei loro prodotti. E ci terrei a sottolineare un aspetto: il livello qualitativo medio delle corde si è alzato tantissimo e trovare una corda veramente pessima, non è facile». I dati che emergono «sono già abbastanza attendibili da poter fare una fotografia sulla carta di quelle che saranno le caratteristiche della corda - assicura Medri -. In più, c'è un rinnovato interesse per il custom, quantomeno per rendere due telai identici o migliorarne le qualità. Sto collaborando con la FIT: seguo i Centri Periferici, controllo i telai, faccio i test con gli accelerometri e personalizzo gli attrezzi. Non è un lavoro semplicissimo ma cerco di accompagnare i migliori ragazzi sulla giusta strada. Ci sono casi in cui un telaio, pur avendo stesso peso, bilanciamento e inerzia di quelli precedenti, offrano sensazioni diverse. I test col radar, che ti calcola la cilindrata del giocatore valutando la velocità di entrata e uscita della palla, ti aiuta a fare delle verifiche oggettive.

Un altro grosso problema è il costo della manodopoera per l'incordatura. L'utente finale è abituato a pagarla poco, Medri ne è sconcertato: «Un lavoro completo richiede circa trenta minuti e i prezzi variano dai 10 euro di Milano, agli 8 della Romagna, ai 5-6 del Sud Italia. Venti euro lordi all'ora come ricavo massimo per un servizio di manodopera, sono nulla. Negli Slam, i professionisti pagano fino a 25-30 euro a incordatura. Bisogna far capire alla gente che la corda, la macchina incordatrice e l'incordatore sono un aspetto prioritario e che va pagato di conseguenza. Se ci arriveremo, sarà un passo avanti per tutti: negozianti, aziende, professionisti del settore e utenti finali.
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