Il Roland Garros resta l’unico torneo dove sono ancora presenti i giudici di linea, una strenua resistenza all’utilizzo della tecnologia. Resta il fascino della tradizione, che però non mette tutti d’accordo

PARIGI – Polvere di Grandeur. Ai francesi, si sa, piace fare a modo loro, anche nel tennis. Lo sport della racchetta è anglofono per storia e tradizione, ma l’inglese è bandito dai campi del Roland Garros. I giudici di sedia chiamano i punti solo in francese (nel cambio di campo il classico “time” è stato sostituito da “reprise”) ma l’anomalia più vistosa riguarda la presenza dei giudici di linea. Si sa, da quest’anno l’Atp ha deciso di farne a meno, dando piena fiducia all’“Electronic Line Calling Live”, adottata anche nella larga maggioranza dei tornei del circuito femminile. Negli Slam l’Australia ha abbracciato la svolta tecnologica già nel 2021, seguita un anno dopo da Flushing Meadows, e quest’anno toccherà a Wimbledon infrangere una tradizione che durava da 147 anni. A Londra niente più giudici di linea con le loro classiche divise (giacca blu, camicia a righe e pantaloni bianchi), con le immagini della “line referee” assopita nel suo angolo invece di vigilare sui colpi dei campioni e i siparietti di Nastase e McEnroe che entrano definitivamente nella storia, non più replicabili.
Al Roland Garros no, le chiamate restano “umane”, con relative discese del giudice di sedia per controllare dove sia effettivamente rimbalzata la pallina, e successive discussioni. «Il nostro sistema è più umano – ha affermato nei giorni scorsi Gilles Moretton, ex numero 65 del mondo e dal 2021 presidente della federazione francese – abbiamo bisogno di queste persone che lavorano tutto l’anno nei nostri tornei per promuovere il tennis nei piccoli club. Smettere di utilizzarli come giudici di linea non sarebbe un bel segnale per il movimento. E poi ritengo che il sistema usato dall’ATP, tra l’altro non ancora obbligatorio nel circuito WTA, sia ancora da perfezionare, considerato anche quanto successo a Madrid e Roma (dove ci sono state alcune contestazioni inusuali, nda). Sembra che la percentuale di errore della chiamata elettronica sia del 10%, almeno è quello che sappiamo. Sulle superfici veloci questo sistema può essere utile, ma al Roland Garros vogliamo continuare nel segno della tradizione. Quando i giocatori ci diranno che non vogliono più i giudici di linea, ci adegueremo».
Ecco, come la pensano i giocatori? La maggior parte delle dichiarazioni rilasciate a Parigi sono a favore della svolta elettronica. «Capisco le persone che sono più tradizionaliste e preferiscono avere i giudici di linea in campo – è il parere di Djokovic – ma se devo scegliere tra le due opzioni, sono più a favore della tecnologia. E’ precisa ed efficiente e fa risparmiare tempo». Sulla stessa lunghezza d’onda sono Ruud («sono per le chiamate elettroniche, il margine di errore è molto più basso»), Musetti («il giudice di linea tradizionale ha un fascino innegabile, ma è difficile tornare indietro, con le chiamate elettroniche si evitano discussioni e perdite di tempo») e Gauff («se c’è la tecnologia apposita, è giusto utilizzarla»). Di parere opposto si sono dichiarati Monfils («preferisco i vecchi metodi. Sono cresciuto con i giudici di linea e mi piacerebbe restassero») e Tsitsipas («queste sono le cose che rendono speciale la terra battuta, i segni lasciati dalle palline, la possibilità di controllarli di persona… l’electronic line calling live è sicuramente il futuro, ma non mi piace giocare sulla terra con un robot come giudice»).
Molto contrariato è Zverev, che nella partita con Tabilo del recente torneo di Madrid fotografò e spedì nel web l’immagine del segno lasciato sulla terra dal colpo del suo avversario, nettamente fuori ma giudicato dentro dall’occhio elettronico. «Giochiamo tutto l’anno senza giudici di linea e all’improvviso sono tornati, e quindi dobbiamo di nuovo stare attenti alle chiamate, se sono giuste o no. I tornei del Grande Slam e l’ATP non riescono proprio a mettersi d’accordo. Servono regole uniformi». Sarà ascoltato il grido d’allarme di Sascha?